FEDERICA PACELLA
Economia

Iveco diventa indiana: fra Brescia e Suzzara tremano quasi 7mila dipendenti. A rischio le imprese collegate

I sindacati: “Il governo ci dia garanzie. Abbiamo già visto multinazionali acquistare e chiudere”

Al lavoro in uno stabilimento Iveco (Archivio)

Al lavoro in uno stabilimento Iveco (Archivio)

Brescia, 1 agosto 2026 – L’accordo sarà perfezionato ad aprile 2026, dopo che sarà conclusa la vendita di Iveco Defense a Leonardo, ma nella pagina di Wikipedia Iveco è già una “società italiana parte del gruppo indiano Tata Motors”.

Difficile, del resto, che si torni indietro dopo l’annuncio di mercoledì. Nei due stabilimenti lombardi, a Brescia e a Suzzara (Mantova), sono in pochi a poter commentare la notizia perché la maggior parte dei lavoratori è in cassa integrazione; considerando anche la chiusura estiva, si tornerà a pieno regime a fine agosto. Sono comunque quasi 4mila lavoratori e lavoratrici dipendenti diretti lombardi che ora guardano con apprensione al loro futuro; a questo, va aggiunto tutto l’indotto.

“Parliamo di 5mila lavoratori tra Iveco e indotto, per Suzzara – spiega Marco Massari, segretario Fiom Cgil Mantova –. Noi dovremmo incatenare il Governo a delle garanzie, non possiamo farci bastare le garanzie di Iveco e Tata”.

Se sul passaggio della divisione Difesa a Leonardo non ci sono obiezioni, preoccupa, infatti, l’arrivo di una multinazionale straniera. “Abbiamo già visto arrivare altre multinazionali – ricorda Mario Bailo, Uil Brescia – che promettono investimenti e dopo due anni vendono o chiudono. Oggi l’unica certezza che abbiamo è che questo marchio non è più italiano, e che serve un piano di rilancio, non solo di mantenimento dei siti produttivi”.

Nel Bresciano, oltre ai 1.650 lavoratori, c’è un indotto difficile da stimare, ma che si aggira fra le 5 e le 8mila imprese, con tanti piccoli artigiani coinvolti. “Chiaro che non possiamo scegliere il proprietario – commenta Antonio Ghirardi, Fiom Cgil Brescia –. Ma fa veramente impressione che solo un mese fa l’azienda abbia aperto le porte per il family day e poi dopo pochi giorni è arrivata la notizia della vendita”. Negli ultimi giorni sono arrivati diversi appelli al Governo (dagli onorevoli bresciani Laura Almici, Gianantonio Girelli, alla sindaca di Brescia) perché venga applicato il Golden Power. “Fa molto piacere che la politica se ne occupi, che venga posto il problema – commenta Ghirardi –. Chiaro che le politiche industriali vanno pensate prima, ora è difficile modificare qualcosa. Quello che si può fare ora è chiedere garanzie, cosa che stiamo già facendo”.

Secondo Ettore Burlini, Uilm Brescia, a monte delle difficoltà dell’Iveco di questi anni c’è la transizione all’elettrico, che ha coinvolto anche lo stabilimento bresciano (sono state asssunte persone per questo) senza mai decollare. “Già le macchine elettriche non vendono, figurarsi i camion a batteria – sottolinea Burlini –. Per i camion a oggi non esiste una tecnologia elettrica sostenibile. Si sta distruggendo l’automotive, che porterà a centinaia di migliaia di persone e famiglie senza lavoro”.

Dato positivo è che Tata Motors non produce in Europa mezzi come quelli realizzati dall’Iveco; per contro, la rassicurazione sulla sede, che sarà mantenuta a Torino, già traballa, visto che l’impegno è solo per i primi due anni. “Anche dopo l’incontro col Mimit le preoccupazioni restano – aggiunge Stefano Olivari, Fim Cisl Brescia –. A noi interessa un piano industriale che salvaguardi l’occupazione. Il problema è imminente: prima si riesce a dare tranquillità ai propri lavoratori, prima si riesce a riprendere con tutto il resto”.