Violenze sessuali sui piccoli pazienti, i racconti dell’orrore: chiesto il giudizio immediato per l’osteopata

La Procura di Brescia ha chiuso l’indagine, avviata dopo la denuncia della mamma di una delle vittime

Il giudice per le indagini preliminari ha confermato la custodia cautelate in carcere

Il giudice per le indagini preliminari ha confermato la custodia cautelate in carcere

Bresscia, 24 aprile 2024 –  La procura ha chiuso l’indagine a carico del 44enne osteopata originario dell’Albania che a ottobre era stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale aggravata nei confronti di alcuni pazienti, tra cui bambini in condizioni di fragilità.

La pm Victoria Allegra Boga e l’aggiunto Nicola Sirianni, che contestano le aggravanti della minorata difesa e della giovane età dei pazienti, sono convinti ci siano pochi dubbi sulla responsabilità del professionista. Di qui la richiesta di giudizio immediato. A far emergere per prima la vicenda - era luglio 2023 - era stata la madre di un quindicenne dell’Ovest bresciano, che dal figlio mesi prima aveva ricevuto un’inquietante confessione: l’osteopata dal quale il ragazzino era in cura per gravi problemi di deambulazione, approfittando delle circostanze di vicinanza in cui operava, avrebbe abusato di lui.

Fu la denuncia della donna ai carabinieri di Chiari a dare avvio all’indagine, sfociata nell’esecuzione di una misura cautelare in carcere. L’uomo fu ammanettato nella sua casa di Bologna, dove risiedeva. Le vittime accertate nel corso dei mesi sarebbero passate da quattro a sei, tutti pazienti bisognosi di trattamenti per le patologie più varie, tra cui appunto bambini tra i dieci e i quindici anni.

L’osteopata li incontrava durante visite domiciliari o in varie cliniche e centri medici del Bresciano e del nord Italia. Stando ai riscontri investigativi, il professionista avrebbe ripetutamente messo in atto comportamenti censurabili fino a commettere abusi. Il gip aveva ritenuto fondati i gravi indizi di colpevolezza e il rischio di reiterazione del reato, ritenendo che l’unica misura adeguata, tuttora in essere, fosse il carcere.