Verità sulla strage di piazza Loggia: ultima occasione dopo 11 processi

Domani Maggi e Tramonte di nuovo davanti ai giudici a Milano

L'attentato in piazza della Loggia il 28 maggio 1974

L'attentato in piazza della Loggia il 28 maggio 1974

Milano, 25 maggio 2015 -  Tutto ruota intorno a lui. Carlo Maria Maggi, 80 anni, già leader storico dei neonazisti veneti di Ordine nuovo, da domani ancora alla sbarra (dopo l’assoluzione definitiva per Piazza Fontana) con l’accusa di aver ordinato la strage in piazza della Loggia a Brescia, dove giusto 41 anni fa, il 28 maggio 1974, una bomba nascosta in un cestino troncò la vita di otto persone ferendone un centinaio. Domani prende il via l’ennesimo processo, il dodicesimo su quell’attentato ancora senza colpevoli. E le parti civili chiederanno una riapertura parziale dell’istruttoria, con l’acquisizione di documenti. Ma c’è il rischio che il dibattimento nemmeno parta, perché Maggi per motivi di salute potrebbe aver perso la capacità di stare a giudizio. È stata la Cassazione, un anno fa, a riaprire una vicenda che sembrava chiusa, dopo l’assoluzione di tutti gli imputati in primo e secondo grado. E invece no: per Maggi (e per Maurizio Tramonte, ordinovista e collaboratore dei servizi segreti, che però avrebbe partecipato alla preparazione dell’attentato senza avvertire i suoi referenti) domani la storia ricomincia partendo però da Milano, visto che Brescia non ha una sezione della Corte d’assise d’appello diversa da quella che si pronunciò (assolvendo) tre anni fa.

Maggi dunque. Medico veneziano che per il mondo dell’estrema destra veneta degli anni ’60 fu leader indiscusso. Professionista stimato anche per la sua attenzione al sociale, vissuto nel culto della Repubblica sociale e del nazismo. La Cassazione ha reso stretta la via verso una sua nuova assoluzione. "Ingiustificabili e superficiali" – scrissero i giudici romani – le conclusioni assolutorie tratte per lui, nonostante la «gravità indiziaria» delle dichiarazioni di un pentito nei suoi confronti, che unite ad altri elementi finiscono per fornire una «visione complessiva» di "straordinaria capacità dimostrativa" delle accuse. Il suo legale ha già presentato alla Corte, presidente Anna Conforti, istanza di sospensione del processo perché Maggi per l’età e la salute non sarebbe in grado di comprendere e volere in senso pieno, così come di stare in giudizio. Probabile tocchi ad un medico legale sciogliere il dubbio.

Possibile allora che il dibattimento debba continuare senza di lui, dopo che per ragioni diverse (assoluzione definitiva o proscioglimento) ne sono già usciti ex imputati come Delfo Zorzi (innocente anche per Piazza Fontana), l’ex capitano dei carabinieri Francesco Delfino sospettato di depistaggi voluti dai servizi segreti, o l’ex leader nazionale di Ordine nuovo Pino Rauti.

SE MAGGI dovesse uscire di scena per motivi di salute, tutto resterebbe aggrappato alla figura di Tramonte. «Se dal nuovo dibattimento dovesse uscire un verdetto di colpevolezza, quello avrebbe valore morale anche per Piazza Fontana», ripete l’avvocato Federico Sinicato, storico legale di parte civile per i familiari delle vittime di stragi. Sarebbe una specie di riabilitazione postuma per la credibilità del pentito nero Carlo Digilio, che accusava Maggi di entrambe le stragi e che per Milano non è stato creduto. Se ora Digilio venisse ritenuto attendibile per Piazza della Loggia, «un’eventuale condanna a Brescia del dottor Maggi o di Tramonte - osserva Sinicato - potrebbe spingere la procura milanese a riaprire il fascicolo sulla Banca nazionale dell’Agricoltura». Alla caccia di altri eventuali complici finora, dopo quasi mezzo secolo, mai individuati.