
Un simbolo parte integrante della storia di una città, prima ancora che una realtà industriale che ha dato lavoro...
Un simbolo parte integrante della storia di una città, prima ancora che una realtà industriale che ha dato lavoro a migliaia di persone. Per Brescia, l’Iveco è da sempre un po’ l’azienda “di casa“, evoluzione della storia della Om, nata sulle fondamenta della Brixia-Züst (ceduta nel 1917 alla Om). Entrata nel 1933 nel gruppo Fiat (nel 1937 l’unificazione degli stabilimenti Om di Brescia, Milano e Suzzara), la Om nel 1975 è diventata Iveco, confluendo nella neonata azienda insieme ad altri marchi (Fiat Veicoli Industriali, Magirus, Lancia). Neanche quando è diventato marchio dell’italo-statunitense CNH Industrial si è mai perso il legame col territorio. Non è strano, quindi, che dopo la notizia della vendita a Tata Motors, sul tema sia intervenuta anche la sindaca di Brescia, Laura Castelletti (nella foto). "La notizia della cessione di Iveco è di grande rilevanza per la nostra città. Parliamo di un’azienda con una presenza storica e strategica sul nostro territorio e di migliaia di posti di lavoro. Chiediamo al governo di agire senza indugio per dare un futuro agli stabilimenti Iveco, di attivare tutti gli strumenti per porre le giuste condizioni, a partire dalla Golden Power, e di garantire che qualsiasi scelta non avvenga a scapito dell’occupazione e della filiera italiana".
La preoccupazione è che le logiche di una multinazionale possano finire con lo stritolare lo stabilimento bresciano. "Il governo ha il dovere di coinvolgere i sindaci delle città che ospitano stabilimenti di Iveco – sottolinea Castelletti – al fine di collaborare e porre in essere tutte le condizioni affinché vengano garantiti la continuità industriale e la salvaguardia dei posti di lavoro". F.P.