GABRIELE MORONI
Cronaca

Strage di Erba, come Rosa e Olindo puntano a riaprire il processo: dalla “falsa memoria” ai dubbi sulla prova regina

La decisione sulla revisione è stata rinviata al 10 luglio. Gli avvocati della coppia puntano a trasformare i macigni dell’accusa in prove di innocenza: ecco quali sono i punti forti della difesa

L'arrivo di Olindo Romano e Rosa Bazzi al tribunale di Brescia

L'arrivo di Olindo Romano e Rosa Bazzi al tribunale di Brescia

Ha iniziato a formarsi già alle quattro del mattino la coda davanti al Palazzo di Giustizia di Brescia in attesa che iniziasse il processo di revisione a Olindo Romano e alla moglie Rosa Bazzi, che scontano una condanna definitiva all'ergastolo perché giudicati responsabili della strage di Erba. Fra i più mattinieri una signora di Milano in attesa dalle 4.30. Attorno alle 6 si è presentato un gruppo di studenti di Giurisprudenza dell'università di Torino. Una coppia (lui pensionato, lei in giornata di libertà dall'impiego) è arrivata da Bellagio, sul lago di Como. La sera dell’11 dicembre del 2006, in un condominio in via Diaz, a Erba vennero massacrati a coltellate e sprangate Raffaella Castagna, il suo bambino Youssef, di due anni, la madre di Raffaella, Paola Galli, la vicina Valeria Cherubini.

Le dichiarazioni della difesa

Nico D'Ascola (per Olindo Romano) è il primo difensore a prendere la parola. L'accusa ha sollevato una questione di legittimità. "L'istanza della difesa – è la replica di D'Ascola – è stata dichiarata ammissibile. Una volta che l'ammissibilità è stata affermata, non si può tornare indietro. Se si ritiene di autorizzare il giudizio di revisione, le prove indicate entrano automaticamente nel giudizio".

"Ci sono prove mai acquisite, nonostante le sollecitazioni della difesa. Così una prova nuova, una prova scientificamente nuova? Può essere un elemento non valutato, o un elemento già valutato ma non acquisito in giudizio, oppure qualcosa che è uscito successivamente. La prova nuova può generare la possibilità di un giudizio di revisione. Qui ci sono prove nuove che se fossero state valutate forse avrebbero portato a un esito diverso del processo. Cogliamo un atteggiamento scandalizzato: ma come si permettono di mettere in discussione il giudicato? Ma la revisione è un obbligo. La prova scientificamente nuova indirizza su un'altra strada, manda su un'altra via".

Il penalista sfiora alcuni dei temi che rappresentano il "cuore" dell'istanza di revisione della difesa. "Ci sono aspetti del processo che sono rimasti irrisolti. Nessuno nega che ci siano delle prove. Ma queste prove devono essere meglio valutate, anche se nella loro apparenza possono decidere tutto. È mancato un atteggiamento valutativo estremo e questo ha lasciato una serie di dubbi. La macchia col sangue di Valeria Cherubini sul battitacco dell'auto di Romano. Quattro sottufficiali dei carabinieri firmano il verbale sulla macchia, invece uno fa l'accertamento e gli altri lo firmano. Sono 243 gli errori che l'avvocato Schembri ha contato nelle confessioni di Olindo Romano e Rosa Bazzi".

Il riconoscimento che Mario Frigerio, l'unico sopravvissuto al massacro fa di Olindo Romano. "Mancano – saetta D'Ascola – le prove sul periodo di ricovero di Frigerio in ospedale. Non si trovano le registrazioni e adesso si scopre che quelle intercettazioni erano estremamente importanti. 'Io non ricordo nulla', dice Frigerio a figli e avvocato. A figli e avvocato".

Termina con qualche scintilla. Il difensore ha colto uno scuotimento di testa dal banco dell'acqua dove hanno preso posto il procuratore generale di Brescia Guido Rispoli e l'avvocato dello Stato Domenico Chiaro: "Si dovrebbero limitare i gesti, le manifestazioni plateali di dissenso. Noi, mentre parlava l'accusa, non abbiamo fatto nessun gesto, anche se ne avremmo avuto motivo".

Gli elementi alla base della richiesta di revisione

Davanti ai loro assistiti lo sforzo della difesa (con D'Ascola, Fabio Schembri, Luisa Bordeaux, Patrizia Morello) è quello di trasformare con una "rilettura" di elementi già esaminati, nuove ricostruzioni e nuove consulenze, i macigni dell'accusa in prove di innocenza. Tre i punti "forti". Le circostanze della morte di Valeria Cherubini. Il riconoscimento di Olindo Romano fatto da Mario Frigerio, il marito della Cherubini sopravvissuto miracolosamente dopo avere avuto la gola trapassata dal coltello.

La prova nuova è offerta dalla consulenza medico legale della difesa che dimostra quanto siano infondate le dichiarazioni autoaccusatorie dei Romano quando hanno sostenuto di avere colpito la Cherubini sul pianerottolo dell'abitazione di Raffaella Castagna, di essersi poi rifugiati nel loro appartamento per cambiarsi e riporre in alcuni sacchi gli abiti e le armi, di essersi cambiati, di avere riposto abiti e armi utilizzate in alcuni sacchi, per poi uscire senza essere visti.

Valeria Cherubini (è la tesi difensiva) venne invece raggiunta e finita dall'assassino nella sua mansarda sopra l'appartamento di Raffaella, come dimostra la disposizione delle tracce di sangue a schizzo. Il cadavere era rannicchiato accanto a una finestra. Aveva la lingua tagliata e aveva ricevuto otto colpi al capo. Era reciso il muscolo Psoas, che collega le gambe alla parte superiore del corpo. Due vicini, i primi richiamati dall'incendio appiccato in casa Castagna, avevano sentito due grida di auto.

La Cherubini lanciò queste invocazioni che le sarebbero state impossibili con la lingua. Così come non le sarebbe mai riuscito di risalire le scale con quella lesione al muscolo Psoas. La ricostruzione della difesa è radicalmente diversa. Valeria Cherubini era ancora viva. Fuggiva lungo le scale. Inseguita dall'assassino, tentava di raggiungere la sua mansarda e invocava soccorso. Quindi chi compì il massacro era ancora nel condominio mentre si diffondeva la notizia dell'incendio. Se gli assassini (conclude il difensore) fossero stati i Romano e se, lordi di sangue dopo l'eccidio, fossero scesi nella corte ormai in allarme per il fuoco, sarebbero stati sicuramente notati e riconosciuti. Questo non accadde.

L'intervento fu immediato. Schembri mostra alcune foto: nessuna traccia né di acqua né di sangue venne trovata nel tragitto che portava fino al portoncino dell'abitazione dei Romano, al piano terra. E nulla venne trovato in casa dai Ris. Nulla rivelò all'interno il Luminol che in presenza del sangue si sarebbe illuminato, sostiene Schembri, "come un albero di Natale".

I dubbi sulla testimonianza di Frigerio

Mario Frigerio. I difensori tentano di scardinare la testimonianza che inchiodò Olindo Romano. Lo fanno forti della consulenza firmata dal professor Giuseppe Sartori, ordinario di neuropsicologia e psicopatologia forense all'università di Padova, e da un pool di quattordici esperti. Frigerio, con le corde vocali recise dal coltello dell'assassino, rimase disteso su ballatoio davanti alla porta di casa Castagna, venne intossicato dall'ossido di carbonio sprigionato dall'incendio e riportò un cerebrolesione. Questo provocò uno scadimento complessivo delle lesioni cognitive e in particolare un'amnesia anterograda, ossia l'incapacità di ricordare informazioni acquisite dopo la cerebrolesione.

"Non è vero – dice Schembri – quello che affermano le sentenze che il riconoscimento di Olindo arrivò quando le condizioni di Frigerio migliorarono. È vero il contrario. Quando le sue condizioni erano migliori, Frigerio, che aveva le corde vocali recise, descrisse come suo aggressore un nordafricano assolutamente diverso da Olindo. Il 26 dicembre, posto davanti alle reiterata domanda 'Se vedesse Olindo, lei lo riconoscerebbe', la risposta di Frigerio è un 'Penso di sì'. Continua a descrivere un nordafricano e rimane fermo nel suo non ricordo. Il 26 dicembre disse che non aveva riconosciuto il feritore e di non ricordare niente. Appariva in condizioni tanto precarie che il giorno dopo venne inviato uno psichiatra che accertò come il ferito non riuscisse a compiere normali operazioni come fare di conto, e non ricordasse cosa aveva mangiato. Erano gli effetti dell'amnesia anterograda. Il 27 dicembre disse ai due figli e all'avvocato di non ricordarsi nulla".

"Frigerio, sottoposto a domande altamente suggestive, sviluppò una 'falsa memoria' indistinguibile dalla memoria vera. Fece sue le domande del pm. Disse che non ci voleva credere, che per questo aveva trattenuto il nome di Olindo, di essere andato in fiducia perché aveva riconosciuto Solido e si chiedeva cosa ci facesse in casa di Raffaella".

"Frigerio - conclude il legale - era un soggetto inidoneo a rendere testimonianza. È scientificamente impossibile scambiare un visto sconosciuto con uno familiare".

Un concetto ripreso dall'avvocato Patrizia Morello. "Non è possibile sopprimere un volto noto, neppure in una condizione patologica. Era impossibile la soppressione da parte di Frigerio di un volto noto come quello del suo vicino di casa Olindo Romano. Il 15 dicembre Frigerio descrisse un nordafricano. Undici giorni dopo non ricordava più. Questa è l'amnesia anterograda. Ecco perché è impossibile il riconoscimento successivo di Olindo Romano. E non ci si venga a dire che Frigerio parlò di un tipo arabo scuro di pelle, per via del fumo provocato dall'incendio. Ricordava il viso dell'aggressore e le circostanze dell'aggressione".

La macchia di sangue

La macchia di sangue di Valeria Cherubini su battitacco della Sat Arsa di Olindo Romano per le sentenze è la "prova regina" che crocifigge i coniugi di Erba. "In quel circolino rosso - dice Schembri - non ci fu aspersione di Luminol e senza Luminol non si può notare una macchia di sangue. Il nostro consulente Marzio Capra ha parlato di una non somiglianza tra la macchia repertata dai carabinieri e quella esaminata dal professor Previderè all'università di Pavia. Per noi quella macchia lì sopra non c'è mai stata.

Ancora qualche scintilla fra Schembri e l'Avvocato dello Stato quando il legale mostra il frame di un filmato del terrazzino dell'abitazione di Raffaele Castagna con una pianta che porta segni di compressione. Il magistrato fa presente che l'immagine non è stata depositata. Sul terrazzino che dà su via Diaz, c'è una traccia di calpestio: potrebbe essere stata la via di fuga degli assassini.

Le confessioni di Olindo Romano e Rosa Bazzi, poi ritrattate. Olindo decide di confessare ciò che non ha commesso quando gli viene prospettato quello che per lui è un incubo: non rivedere più la moglie. Pensa se se confesserà Rosa potrà tornare a casa. Nessuno gli ha spiegato che anche stando in carcere è possibile incontrarsi e che un ergastolo non si dà in cinque minuti. Mente per salvare Rosa. E Rosa, appresa la sua intenzione, mente per salvare Olindo. "Confessano - conclude Schembri -. Li fanno incontrare. Sono euforici. Dicono che lì dentro si starà meglio che fuori, che potranno studiare, che riceveranno la visita di uno psichiatra, che andranno in una struttura. Sempre e comunque insieme. Quando Olindo si accorge che i presunti patti non sono rispettati, torna indietro. Ritratta ma non perché è colpevole".

Nuova udienza il 10 luglio. Dopo le controrepliche. la Corte si ritirerà in camera di consiglio per decidere sull'ammissibilità del giudizio e in casa affermativo su quali prove ammettere tra quelle proposte dalla difesa.