Sovraffollamento e suicidi: "Si sentono parcheggiati"

L’analisi delle realtà presenti negli istituti: così pensano a ciò che hanno fatto

Sovraffollamento e suicidi: "Si sentono parcheggiati"

Sovraffollamento e suicidi: "Si sentono parcheggiati"

Chi conosce il carcere da tempo, come Emanuele Masetti Zannini, vicepresidente di Associazione Carcere e Territorio di Brescia, non ha dubbi: "ll tempo è finito, bisogna sensibilizzare chi può decidere". Per chi il carcere lo conosce da poco tempo come Fabio Patucelli, referente marketing e comunicazione di Fraternità Sistemi che si occupa di tenere dei corsi di word ed excell per i detenuti nell’ambito del progetto ‘Oltre la pena’, la percezione è esattamente quella che poi si ritrova nelle tristi statistiche di questi giorni, relative ai suicidi.

"Si vede la fatica di partecipare, perché non si sentono parte di qualcosa. Sono dentro, parcheggiati e quindi questo li porta a pensare continuamente a ciò che hanno fatto, facendoli entrare in un loop negativo". Sono testimonianze che la garante dei diritti delle persone private della libertà, Luisa Ravagnani, ha chiesto alle realtà che si occupano di carcere, per rimarcare l’urgenza di intervenire per dare alla pena una finalità realmente educativa. "L’appello della conferenza nazionale dei garanti del 18 aprile – spiega Ravagnani – nasce dal numero dei suicidi che si sta verificando in questi mesi. Ci sentiamo dire che la causa è da ricercare in aspetti personali, ma il carcere incide, soprattutto con la chiusura delle celle ed il sovraffollamento, che non è più un’emergenza, ma a questo punto è una scelta di cui tutti siamo responsabili".

Di carcere si parla poco, male e senza mai ascoltare i diretti interessati. "In Inghilterra, ex detenuti sono consulenti del Ministero, in Svezia collaborano per la gestione dei penitenziari. Da noi non riusciamo mai a dar loro voce". Come sottolineato da Andrea Cavaliere, Unione Camere Penali Italiane, "strumenti che dovrebbero essere usati per vivere, come le bombolette gas per cucinare o lenzuola, sono usati dai detenuti per uccidersi. Non siamo più a difendere la dignità, ma la loro vita. Ma solo un carcere migliore porta ad una società migliore".

F.P.