FEDERICA PACELLA
Cronaca

Seminario di Brescia, il crollo delle vocazioni

In vent'anni le presenze sono passate dalle 261 del 1998 alle 47 attuali

Luca Galvani, monsignor Gabriele Filippini e Giovanni Bettera (Fotolive)

Brescia, 21 giugno 2018 - Tempo di esami  per i seminaristi. Nei corridoi della struttura di via delle Razziche non c’è il vociare che riempie le altre scuole impegnate in questi giorni nella maturità, e non solo perché il contesto impone un certo rigore. Il calo delle vocazioni ha reso sempre più stringato il numero dei seminaristi, passati dai 261 dell’anno scolastico 1998-1999 ai 47 del 2017-2018. Il calo è stato vorticoso, fino a scendere sotto quota 100 nel 2008-2009; da là non si è più tornati indietro, con una riduzione, di riflesso, anche delle ordinazioni (3 quest’anno).

"Condivido l’idea dell’ex vescovo monsignor Luciano Monari – spiega monsignor Gabriele Filippini, rettore del seminario diocesano – secondo cui la prima causa è il calo della natalità". Poi ci sono anche altri fattori. "La scristianizzazione, certo, siamo di fronte alle prime generazioni incredule. E poi c’è una ragione di carattere etico: se la visione della vita è stare bene e divertirsi, la figura del prete sembra mortificante. Per questo insieme di ragioni, si è passati dalle centinaia alle decine in diocesi come la nostra". Preti a rischio estinzione, dunque? "Si spera che le vocazioni crescano, ma non deve nascere l’angoscia. Non si tornerà al numero di sacerdoti che mantengono una visione di chiesa clericale, che girava tutta attorno alla figura del prete. Ora si può andare verso una chiesa di Cristo, in cui i preti saranno soprattutto pastori, dediti alla gente". C’è da dire che chi intraprende l’iter seminaristico poi difficilmente lo abbandona, perché, oggi più di ieri, chi sceglie il sacerdozio lo fa convintamente.

Giovanni Bettera, 28 anni, una laurea in Scienze dell’educazione, è arrivato al sesto dei sette anni, e a settembre diventerà diacono. "Un passo irreversibile – scherza – tutto è partito da una domanda, posta dal mio curato, che un giorno mi ha chiesto se fossi felice. Un interrogativo che mi sono portato dietro per anni. Grazie al confronto con altri giovani come me, negli incontri organizzati in seminario, ho capito quale fosse la mia strada. Fondamentale anche la guida del padre spirituale, che mi ha aiutato a discernere i moti del cuore e a rivedere il mio cammino".