Brescia, trovato in una grotta uno scheletro di 2.500 anni fa: la sua morte è un giallo

Brescia, speleologi ritrovano i resti di una donna in una cavità inesplorata. Gli esperti: "Non è una sepoltura, forse un incidente o un omicidio". Ma i dubbi sono molti: non era vestita e la zona all’epoca era disabitata

Il ritrovamento di Masha, lo scheletro di una donna dell'Età del Ferro

Il ritrovamento di Masha, lo scheletro di una donna dell'Età del Ferro

Quando gli speleologi sono riusciti a scoprire l’accesso di una grotta ancora inesplorata e si sono calati all’interno del sottosuolo dell’Altopiano di Cariadeghe, a Serle, nel Bresciano, senza saperlo avevano appena varcato un portale del tempo che li ha catapultati attraverso secoli e secoli, indietro di migliaia di anni. Sul fondo della grotta infatti c’erano i resti di “Masha”, così è stata ribattezzata la donna fra i 39 e i 50 anni vissuta nell’Età del ferro e morta in circostanze misteriose.

Il suo scheletro è rimasto lì, completo, fino al dicembre del 2021 insieme a quelli di diversi animali preistorici e non, di epoche molte più antiche come l’Ursus spelae us. Fino ad ora non si era saputo molto circa il ritrovamento ma la conferma è arrivata dopo studi approfonditi portati avanti all’Università dell’Insubria a Varese e all’Università di Trento. I risultati verranno presentati proprio a Serle nei prossimi giorni.

Il giorno della scoperta Nicolò Falgari, Vincenza Framchini, Stefano Maccabiani e Massimo Pozzo erano impegnati nella ricerca di cavità ancora inesplorate. È grazie al fiuto di Nicolò Falgari, un giovane appassionato di Almenno (Bergamo), che si deve il ritrovamento del piccolo foro d’ingresso nascosto tra la vegetazione e le rocce. I quattro, dopo aver liberato l’accesso, si calarono per 12 metri e le loro luci rivelarono per la prima volta un’ampia sala di 38 metri per 8.

Nel ricercare altre prosecuzioni gli esploratori si accorsero di essere capitati in un luogo particolare: sparsi sul pavimento roccioso videro i resti ossei di diversi tipi di animali e, in fondo a un piccolo cunicolo, l’estinto Ursus spelaeus, l’enorme orso delle caverne scomparso circa 30.000 anni fa. Ed infine, con grande stupore dei presenti, nei pressi di un grosso masso e semisepolte tra sassi e fango, riconobbero le ossa di un essere umano.

Di chi si tratta? A quando risale la morte? Quali sono state le cause del decesso? Nonostante le approfondite ricerche portate avanti nei mesi successivi restano molti gli interrogativi sulla fine di Masha. "Siamo intervenuti con i metodi della ricerca archeologica. È un dovere trattare resti umani con rispetto, anche se risalgono a più di duemila anni fa", spiega Cristina Longhi, della Soprintendenza ai Beni archeologici per Bergamo e Brescia.

“Per avere la datazione – racconta Longhi – è stata usato il metodo del Carbonio 14 ed è stato stabilito che risalgono a un periodo compreso fra il IX e il VI secolo a.C. Ma gli enigmi sono ancora molti, soprattutto la sua presenza lì. Sicuramente non si tratta di una sepoltura intenzionale. Potrebbe essere stato un incidente e la morte sarebbe avvenuta dopo una caduta. Ma un’altra ipotesi potrebbe essere anche quella di un delitto antico”.

“Per ora – conclude l’esperta – non è possibile dare altre risposte. La cosa che ci ha stupito è che proprio nella prima metà dell’Età del ferro gli individui giravano vestiti, ma nel fondo della grotta non abbiamo trovato niente di riferibile a qualche tipo di abbigliamento (che sicuramente era deperibile) ma a volte vengono trovate delle specie di spille che servivano per tenere i vestiti. Non c’è nulla. Oltretutto nelle immediate vicinanze non c’erano insediamenti riferibili a quell’epoca e non c’è nessun indizio che porti al gruppo culturale di cui faceva parte quella donna".

Quello che è emerso dal fondo della grotta di Serle è molto prezioso per l’archeologia che ora è a caccia di altre risposte. "Servirebbero altri fondi per continuare gli studi e sottoporre ad altre analisi i resti ossei e anche dal punto di vista archeozoologico per studiare tutti quegli animali che sono finiti in quella cavità", conclude la soprintendente.

Per ricostruire la storia di Masha hanno lavorato gli speleologi dei gruppi Underland, Gruppo Grotte Alto Garda Bresciano e Gruppo Grotte Bresciano una squadra di indagine interdisciplinare, composta dagli archeologi Cristina Longhi e Serena Solano, dall’archeologo Marco Tremari da Omar Larentis, antropologo coordinatore del centro di osteoarcheologia e paleopatologia dell’Università dell’Insubria. La storia del recupero, delle analisi archeologiche e antropologiche dei resti di Masha saranno presentate per la prima volta al pubblico in una serata che si terrà a Serle il 31 maggio alle 20, alla la Casa dei Serlesi di via 25 Aprile.