BEATRICE RASPA
Cronaca

Sandrini e Zanotti rapiti dai jihadisti, dalle “bufale” ai veri sequestri: tutti assolti o prescritti

In quattro erano alla sbarra per il finto rapimento. Per il giudice "non hanno commesso il fatto". Le truffe? Troppo datate. L’operaio finì davvero prigioniero dei miliziani, come l’imprenditore

L'arrivo a Brescia di Alessandro Sandrini

L'arrivo a Brescia di Alessandro Sandrini

Sono stati in carcere oltre tre anni. Ma da ieri sono tornati in libertà. E hanno tirato un sospiro di sollievo. Dopo averli assolti "per non aver commesso il fatto", il giudice ha infatti immediatamente revocato la misura di custodia cautelare nei loro confronti. Si è conclusa così, con quattro assoluzioni piene, la vicenda dei presunti finti rapimenti – iniziati come una messinscena ma poi diventati reali – dei due bresciani Alessandro Sandrini, 38 anni, e Sergio Zanotti, 63.

Sequestro a scopo sovversivo era l’accusa mossa a vario titolo dal pm della DDA di Brescia Francesco Carlo Milanesi al presunto organizzatore delle “bufale”, l’albanese 43enne Fredi Frokkaj, residente a Flero, per il quale aveva chiesto 17 anni e quattro mesi, e ai complici Olsi Mitraj, connazionale del primo, 42 anni, di casa a Gussago, Alberto Zanini, 55enne di Mazzano - questi rispondevano solo del sequestro di Sandrini, dunque per la Procura meritavano una condanna a undici anni e un mese - e il 51enne catanese Salvatore Caraffa, residente in Germania (per il quale infine l’assoluzione era stata chiesta anche dal pm).

Accogliendo la tesi delle difese ieri il gup, Alessandro D’Altilia ha dato un colpo di spugna all’accusa principale e poi ha dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione per le imputazioni minori, ovvero la simulazione di reato e la truffa. Accuse, le ultime due, di cui peraltro rispondeva anche l’operaio Sandrini - vecchi guai con la giustizia per rapine e un tempo problemi di droga - che nel procedimento in questione si trovava nella doppia posizione di imputato e parte civile.

Il rapimento l’avrebbe organizzato lui stesso con i coimputati per spartirsi il riscatto, era la tesi accusatoria, ma poi qualcosa non funzionò, e una volta atterrato ad Adana, in Turchia, finì davvero nelle mani delle milizie jihadiste, consegnato al Turkestan islamic party. Sequestrato nell’ottobre 2016, fu liberato in circostanze misteriose, grazie alla mediazione dello Stato italiano, solo il 23 maggio 2019. Dopo il suo ritorno si convertì all’Islam.

A processo Sandrini ha puntato il dito contro gli ex soci. Chiamato però a dare in aula la sua versione dei fatti, si è avvalso della facoltà di non rispondere, e qualche mese fa è uscito dal procedimento prosciolto proprio per sopraggiunta prescrizione delle accuse. Quanto ai coimputati, Frokkaj stando alla prospettazione del pm avrebbe indotto a recarsi ad Antiochia pure il 63enne ex imprenditore di Marone Sergio Zanotti. La scusa in questo caso fu un viaggio organizzato per fare affari con dei dinari iracheni fuori corso. Ma anche Zanotti alla fine nell’aprile 2016 si ritrovò in Siria alla mercè dei miliziani Jund Al Aqsa, e venne rilasciato solo il 5 aprile 2019. In aula tutti hanno ammesso di aver partecipato solo alla truffa, ma di essere assolutamente all’oscuro dei sequestri in questione. Una tesi che pare aver convinto il gup.

“Leggeremo le motivazioni ma siamo soddisfatti - hanno dichiarato all’unisono gli avvocati Daniele Tropea, Valeria Cominotti e Maria Grazia Lanzanova -. Si trattava di un processo complesso, gravato da molti punti oscuri". Nel medesimo procedimento erano coinvolti anche il 50enne egiziano di Brescia Ibrahim Hashem Mohamed Hashad (che sta affrontando il processo con rito ordinario) e tre stranieri tuttora irreperibili (un 42enne albanese, un 43enne marocchino e un 73enne siriano).