
Il procuratore Ambrogio Cassiani era il titolare del fascicolo nel 2014
Brescia, 17 giugno 2020 - Tutti assolti, chi "perché il fatto non sussiste", e chi "perché il fatto non costituisce reato". È questo l’epilogo dell’ultimo processo di un’inchiesta “monstre“ che aveva acceso i riflettori su un sistema organizzato tra il 2012 e il 2015 per consentire agli immigrati di regolarizzarsi, oppure di ottenere indennità di disoccupazione, pur senza averne i requisiti. Ieri il giudice Andrea Gaboardi ha assolto gli ultimi 17 imputati, quindici stranieri e due professionisti bresciani, Maurizio Minini e Antonio Rizzo, dalle contestazioni di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (questa solo limitatamente a Minini e Rizzo) e falso ideologico.
Al centro, la società Marpress di Brescia, di cui all’epoca era legale rappresentante Minini, una ditta esistente a fasi alterne e che secondo la tesi della Procura aveva come reale core business quello di far risultare sulla carta rapporti di lavoro inventati, sottoscritti ad hoc solo per permettere ai finti dipendenti di ottenere il permesso di soggiorno. Alle spalle della Marpress per il pm Ambrogio Cassiani, titolare del fascicolo poi passato di competenza al collega Carlo Pappalardo, c’era Maurizio Durici, 44enne ragioniere di Chiari ritenuto al vertice dell’organizzazione. Durici, finito sotto indagine in tre procedimenti collegati che hanno coinvolto oltre cento persone, in soli tre anni avrebbe creato un buco all’Inps di oltre 300mila euro, 167mila nel Bresciano e il resto in provincia di Bergamo.
"Usavo l’Istituto di previdenza come un bancomat", ammise il professionista, che si sfilò dalle indagini patteggiando (così come patteggiarono anche quasi tutti gli altri imputati). In udienza preliminare si registrò pure la condanna a sei anni del suo commercialista,Vittorio Ravizza. In concorso con Durini, rispondevano di associazione per delinquere Minini e Rizzo, i quali con altri 15 stranieri avevano scelto il dibattimento. Per il primo Pappalardo aveva chiesto una condanna a 4 anni, per il secondo invece, un presunto mediatore la cui responsabilità non è stata ritenuta provata, l’assoluzione. Per gli altri imputati, gli immigrati beneficiari dei contratti di lavoro falsi, la pubblica accusa aveva concluso sollecitando pene dai 6 mesi a un anno. Il giudice ha assolto tutti.