
Bonifica (Fotolive)
Brescia, 23 febbraio 2015 - Alla scuola Deledda-Calvino del quartiere Chiesanuova, sembra che gli incubi della vigilia si stiano concretizzando. Il timore era che il cantiere di bonifica dal Pcb e dalle diossine della Caffaro durasse per anni; per come stanno andando le cose, di sicuro non si chiuderà a breve. Alla scuola Passo Gavia-Divisione Acqui del quartiere Primo Maggio, a pochi metri dall’azienda che, per cinquant’anni fino agli anni ‘80, hanno aspettato 6 anni per la conclusione del cantiere. Alla scuola Deledda-Calvino doveva andare diversamente anche perché, essendo fuori dal perimetro del Sin, le procedure sono più snelle. Grazie anche alle battaglie dei genitori, il 22 dicembre scorso il cantiere è partito. Doveva durare una settantina di giorni, ma ad oggi sono state solo tagliate le piante. E non si sa che fine abbia fatto l’azienda. «Noi vogliamo essere partner con il Comune - spiega Guido Menapace, presidente del comitato genitori Deledda - ma ci devono dire perché c’è questo scempio. Abbiamo voluto sollecitare una risposta efficace ed un cambio di rotta: chiediamo trasparenza». Domani il Comune incontrerà i genitori, forse si capirà qualcosa.
E il peggio deve ancora venire. A quasi quindici anni dalla scoperta della contaminazione da Pcb e diossine di 700 ettari di terreni e decine di chilometri di rogge, non c’è ancora un progetto per la bonifica del Sin. Per ora, dove è partita la bonifica, la terra è stata asportata e spostata in discarica. Ma fino ad ora si è trattato di fazzoletti di terra. Il metodo sarà difficilmente replicabile quando si tratterà di bonificare il terreno dell’azienda di via Milano. I numeri del sito industriale fanno paura: 110.000 mq, con una zolla di terreno indagata fino a 30 m di profondità, pari a circa 5 milioni di tonnellate di terreno contaminato da arsenico, mercurio, solventi clorurati, Ddt e Pcb fino a 69.000 mg/kg (limite 5; Ilva di Taranto -5) e da diossine fino a 325.000 ngTEQ (limite 100; Ilva di Taranto 351).
Anche la falda sottostante è inquinata da arsenico, mercurio, solventi clorurati e Pcb, per cui una barriera idraulica con emungimento e depurazione deve essere sempre attiva. Ad oggi se ne occupa l’azienda, che ha rilevato la Caffaro Chimica Srl (in amministrazione straordinaria) nel 2011 per 200.000 euro. Costo dell’operazione di emungimento, 1,2 milioni all’anno. Ma entro il 2015 l’azienda potrebbe andarsene, a causa dei costi dell’energia elettrica. Chi si occuperà di non far esplodere la bomba ecologica? L’assessore regionale Clauda Terzi ha ammesso che potrebbero essere utilizzati i 50 milioni di euro promessi dal Ministero dell’Ambiente per Brescia. L’esperienza insegna, però che è meglio fare i conti con quanto si ha in tasca: per avere, infatti parte dei 7 milioni stanziati nel 2009 per il Sin Caffaro, si è dovuto attendere fino ad aprile 2013. Sbloccati i fondi, la macchina delle indagini è ripartita. Da Roma sono arrivati anche tre milioni in più. Ma la corsa contro il tempo è ancora tutta da vincere.