
Il presidio davanti al liceo Leonardo organizzato dal Collettivo Onda Studentesca
Brescia, 11 maggio 2025 – La giustizia farà anche il suo corso ma, nel frattempo, come viene tutelata una studentessa, presunta vittima di molestia, che, ogni giorno, può incontrare il presunto molestatore a scuola? Nessuna cautela particolare, tutto scorre come prima, in attesa che la giustizia faccia il suo corso. È quello che ha voluto denunciare il Collettivo Onda Studentesca che ieri mattina, poco prima delle 8, ha tenuto un presidio davanti al liceo Leonardo di Brescia, dove, a marzo, una studentessa aveva denunciato di aver subito molestie da parte di un professore.
La famiglia ne aveva parlato già al dirigente scolastico e ha poi sporto regolare denuncia. Di fronte al silenzio della scuola, il Collettivo aveva diffuso un comunicato per segnalare l’accaduto; il dirigente aveva risposto con una reprimenda contro gli studenti per aver danneggiato l’immagine della scuola. “Non è un caso isolato, abbiamo ricevuto altre segnalazioni, anche di altre scuole – ha spiegato ieri mattina una rappresentante di Onda Studentesca –. Stiamo parlando di molestie, di abuso di potere, di corpi attraversati senza consenso, di parole che non si cancellano, di sguardi che fanno sentire nude. Non ci fidiamo di chi ci dice di aspettare, di chi ci accusa di esagerare, mentre chi ha abusato continua ad entrare in classe come se niente fosse. La scuola dovrebbe essere un luogo in cui potersi sentire sicure”. Invece, spesso mancano protocolli chiari sulle molestie a scuola, così come persone di riferimento a cui rivolgersi senza paura di ritorsioni.
Gli studenti ricordano che, in questi casi, esiste la sospensione cautelare da parte della scuola o che il ministero dell’Istruzione può aprire un’indagine autonoma sul docente. “Dire che non si può fare nulla significa mentire”. Serve, poi, un’educazione vera, non lezioni superficiali. “Molte di noi non riconoscono le molestie quando le subiscono – spiega il Collettivo – perché ci hanno insegnato a minimizzare. Ma se un professore ti tocca in un modo che mette a disagio, se ti chiede di andare a cena, se ti invita a bere o a fare un giro in auto, se fa commenti sul tuo corpo o sulle tue relazioni personali, non è normale”. Sulla questione hanno preso posizione tutti i Centri antiviolenza della provincia di Brescia. “Nell’attesa che la giustizia faccia il suo corso, i centri antiviolenza esprimono la loro solidarietà alle studentesse e a chi si è esposto per favorire la richiesta di fare chiarezza. Nel frattempo, chiediamo di potenziare occasioni di ascolto, rifiutando l’indifferenza e garantendo un percorso limpido”.
Il punto di partenza deve essere che si crede a chi si mostra al giudizio degli altri, ovvero a chi denuncia. “Per mettere in piazza il proprio vissuto intimo e il turbamento causato da atteggiamenti ambigui o molestie ci vuole coraggio. C’è bisogno che le istituzioni non colpevolizzino e mettano alla gogna coloro che si si sentono ferite da un’ingiustizia: diversamente passa il messaggio che è meglio stare zitte. Questo è l’atteggiamento da combattere. Ha un nome e si chiama rivittimizzazione”. Con le studentesse anche il progetto Gazebo Viola. “Alle istituzioni chiediamo: come potete continuare a chiedere alle donne di denunciare, se non c’è nessuna forma di protezione e sostegno concreto?”.