PAOLO CITTADINI
Cronaca

Ventitrè professionisti dell’evasione a processo, il pm: "Condannateli"

Venivano forniti pacchetti completi per gabbare il Fisco. Coinvolti anche milanesi e lodigiani

L'operazione della Gdf

Brescia, 18 giugno 2018 - Le richieste di condanna, il processo si sta celebrando con il rito abbreviato, vanno dai due anni e quattro mesi di reclusione ai sei anni di carcere Per la Procura di Brescia, che per i 23 imputati ha chiesto l’assoluzione dal reato di truffa, sono tutti da condannare per una serie di reati fiscali che nello scorso mese di gennaio ha portato in manette, tra custodia cautelare in carcere e detenzione in carcere, 17 persone con l’accusa di di aver frodato l’Erario per 1,364 miliardi di euro.

Sei anni di carcere la richiesta di pena avanzata dal pm Fabio Salamone nei confronti di Graziano Gesti, il 42enne titolare dello studio milanese di commercialisti (a fondarlo il padre) ritenuto la mente di tutta l’operazione e finito in manette con l’associazione a delinquere. Insieme a lui, anche la fidanzata Elisabetta Dell’Onore (4 anni e 8 mesi la richiesta di condanna da parte della Procura) al nipote di lei Fabrizio Busetti, 26enne per cui il pm Salamone ha chiesto 3 anni e 4 mesi di reclusione, e al 78enne lodigiano Antonio Roveda (considerato il tuttofare dello stesso studio meneghino) per cui è stata chiesta una condanna a 2 anni e 4 mesi di reclusione. Nell’inchiesta ribattezzata dalla Procura di Brescia “All Inclusive”, dal fatto che le menti dell’organizzazione offrivano agli imprenditori interessati diversi pacchetti per evitare di pagare le tasse, erano finiti nel gruppo dei soggetti arrestati anche due imprenditori bresciani, Salvatore Donsì di Coccaglio e Luca Pedrali di Castelcovati.

Per il primo il pm Fabio Salamone ha chiesto 5 anni e 4 mesi di carcere mentre per il secondo la pubblica accusa ha chiesto una pena di 4 anni e 8 mesi. Dopo la discussione delle difese, ieri le prime arringhe che proseguiranno anche lunedì prossimo, il gup si ritirerà per la decisione. Le indagini, iniziate nel 2015, avevano permesso di dimostrare una serie di condotte fraudolente dello studio di consulenza tributaria e del lavoro di Gesti a Milano, i cui consulenti avrebbero fornito ai propri clienti una vera e propria "assistenza frodatoria" fiscale e previdenziale, falsificando le contabilità societarie con fatture inesistenti – prodotte tramite l’utilizzo dei loghi di ignare imprese del settore – così da creare l’Iva da poter poi utilizzare nelle successive compensazioni d’imposta, attraverso la presentazione in banca di falsi modelli di pagamento F24.