Marcheno, omicidio Mario Bozzoli: "Chi ha sbagliato paghi. Giusto, resta l’amarezza"

Il primo commento della vedova alla lettura della sentenza: ho ancora paura, come se tutto questo non fosse vero e mi trovassi in un sogno

La vedova di Mario Bozzoli, Irene Zubani, abbraccia avvocato e figli

La vedova di Mario Bozzoli, Irene Zubani, abbraccia avvocato e figli

Brescia -  Durante la lettura della sentenza gli sarebbe sfuggita una imprecazione. Il padre e il fratello lo hanno sorretto. Bozzoli si allontana con i suoi legali che rintuzzano l’immediato assalto di giornalisti, fotografi, telecamere. All’uscita dall’aula dell’Assise Adelio, il padre, si abbandona su una delle panche in corridoio. "Non si può, non si può", mormora. Piange Alex, l’altro figlio. Irene Zubani, la moglie di Mario Bozzoli, è accompagnata dai figli Claudio e Giuseppe. Le sue dichiarazioni sono pacate. "Dopo sette anni – è la prima, a caldo, subito dopo avere ascoltato la sentenza che condannava all’ergastolo il nipote Giacomo Bozzoli – aspettavo una risposta. Devo ancora realizzare". "Quello che è successo è successo. È giusto che chi ha sbagliato paghi. Non si può essere felici perché rimane un senso di amarezza. Ho ancora paura, come se tutto questo non fosse vero e mi trovassi dentro un sogno. Ritengo che la Corte abbia fatto una valutazione giusta".

Nessun commento da parte dei magistrati anche se si coglieva la soddisfazione per essere giunti al termine di un lavoro lungo e impegnativo. Per ventidue udienze tesi accusatorie e antitesi difensiva (e viceversa) sono entrate in collisione e si sono scontrate. L’accusa. Assoluta mancanza di prove a carico, anzi prove per l’innocenza dell’imputato, era la tesi del difensore Luigi Frattini che chiedeva l’assoluzione di Giacomo perché il fatto non sussiste o per non avere commesso i fatti contestati. Non esiste alcuna prova che l’imprenditore sia stato ucciso nella fonderia. Non solo: mancava ogni prova che nella fonderia sia avvenuto un omicidio. Quella sera era in turno anche Giuseppe Ghirardini. La difesa contrattaccava sul punto: "L’ultima tesi del pm è che Giacomo uccide lo zio nella fonderia e consegna il corpo a Ghirardini perché metta il corpo nel forno grande". Questo provoca una fumata bianca, anomala dal forno: sono le 19.18. "Dove è avvenuta l’aggressione? Sul pavimento della fonderia c’era polvere e unto, ma non sono rimaste tracce di sangue, di un’aggressione, del trascinamento di un corpo".

Una persona in posizione eretta, tanto più un uomo alto e prestante come Mario Bozzoli, non sarebbe mai potuta entrare nel forno. Sarebbe stato possibile solo trascinato dal nastro trasportatore, dove, però, non sono rimasti impressi né sangue né tracce biologiche. Se in seguito fossero stati introdotti nel forno altri rottami, il corpo sarebbe stato spinto nella parte dove avveniva la fusione. Allora il corpo sarebbe scoppiato e anche il forno. Invece Mario è vivo anche dopo che dal forno grande gestito da Ghirardini si è sprigionata la fumata delle 19.18. Alle 19.19, Mario esce alla guida del muletto dal magazzino dei pani e viene ripreso dalla telecamera 1, girevole. Il difensore aveva mostrato in aula alcuni fermo immagine: anche se non si vedeva il volto, l’uomo sul muletto poteva essere soltanto Mario Bozzoli.