Giallo di Marcheno, il dolore dei parenti: "Chiediamo verità da tre anni"

La moglie dell’imprenditore e la sorella dell’operaio: si giunga a una conclusione

Irene Zubani con il figlio

Irene Zubani con il figlio

Marcheno (Brescia), 7 ottobre 2018 - Ogni giorno è porsi degli interrogativi che rimangono lì, sospesi, a galleggiare. Irene Zubani è come sempre al lavoro nel centro odontoiatrico alla frazione Molinetto di Mazzano, diretto da uno dei suoi due figli e intitolato al marito. La moglie di Mario Bozzoli ora sceglie la strada della riservatezza, del silenzio.

«Veramente – dice – spero che si arrivi a conoscere, a sapere cosa è successo. Questa è la mia speranza: che si arrivi a una conclusione, alla verità. Altrimenti è un continuo dolore, un continuo chiedersi, farsi delle domande. È un continuo soffrire». Preferisce non parlare di cosa sono stati questi tre anni. L’ultima telefonata ricevuta, il tono calmo di un uomo che si appresta a rincasare: «Ho fatto un po’ più tardi del solito, mi faccio la doccia, arrivo». La denuncia di scomparsa presentata ai carabinieri il giorno dopo, una denuncia che descriveva il clima all’interno della fonderia di Marcheno e suonava come un atto di accusa nei confronti del fratello di Mario e dei figli di questi. Due tragedie che sono scorse in parallelo. Mario Bozzoli pare dissolversi la sera dell’8 ottobre del 2015, giovedì. La mattina del 14 ottobre, mercoledì, Giuseppe Ghirardini, uno dei veterani dell’azienda, presente la sera in cui sparisce il principale, si allontana in auto dalla sua abitazione alla frazione Aleno di Marcheno. Non dà più notizie di sé. Il corpo viene ritrovato la domenica successiva a Case di Viso, nei boschi sopra Ponte di Legno. Nello stomaco un’esca di cianuro ancora intatta. Un’altra, una volta infranta, ha sprigionato il suo contenuto letale.

Il fascicolo per la morte di Ghirardini rimane aperto a carico di ignoti per istigazione al suicidio, ma le sorelle dell’operaio rimangono ferme, tetragone nella loro convinzione di sempre: Beppe è stato ucciso. Dice Giacomina, per tutti Mina, la più battagliera: «Se l’inchiesta finisse per essere archiviata, sarebbe come se Beppe morisse per la seconda volta, come se l’uccidessero per la seconda volta. Perché Beppe è stato ucciso. Altroché suicidio. Non riusciamo a vedere nostro fratello nel gesto di togliersi la vita. Ma non penso che ci sarà l’archiviazione. Ho fiducia che non accada e che invece esca la verità. Noi e i familiari di Mario ne abbiamo diritto. Noi, almeno, abbiamo una tomba dove piangere e portare un fiore, loro non hanno nemmeno uno straccio di lapide. Beppe merita la verità, come la merita Mario. Non voglio puntare il dito contro nessuno, ma di una cosa sono sicura. Nella nostra famiglia siamo stati cresciuti con certi valori. Beppe non era soltanto un buono: era un onesto. Non sarebbe stato capace di stare zitto se avesse visto qualcosa che non andava, qualcosa che veniva spostato, che non era al suo posto. Se avesse avuto un piccolo dubbio, lo avrebbe detto. A Beppe si doveva tappare la bocca».