
Il team dei ricercatori
Leno (Brescia), 1 agosto 2018 - Se ci si concentra adesso sembra di sentire persino il brusìo e i rumori di pentole, stoviglie, bicchieri e attrezzi legati alla quotidianità domestica. Che Leno nel Medioevo svolgesse un ruolo centrale nelle vicende politiche e religiose dell’epoca è un fatto noto agli storici. Non a caso proprio qui l’ultimo re longobardo Desiderio nel 758 fondò il monastero benedettino maschile gemello di quello di Santa Giulia, che è femminile. Ora però il sito archeologico avviato sotto l’area dell’abbazia lenese sta restituendo reperti di importanza tale da promettere un aggiornamento dei libri di storia. A Nord del monastero infatti sono state trovate le fondamenta di un insediamento abitativo di livello, con ogni probabilità residenziale. Un probabile “palatium” che si suppone fosse di proprietà se non dello stesso re Desiderio, ipotesi suggestiva che tuttavia deve ancora trovare conferma, certo di una personalità aristocratica di tutto rispetto.
Lo dicono anche le evidenze emerse dalle ultime tre settimane di scavi – a promuoverli, la Fondazione Dominato leonense, l’Università di Verona, Cassa Padana e Regione - nel parco di Villa Badia tra il 25 giugno e il 15 luglio. Scavi condotti da quindici studenti universitari di tutta Italia, che insieme agli archeologi hanno affondato setacci e rastrelli in un sito ormai esteso su tremila metri quadri. Le novità saranno messe nero su bianco in una pubblicazione che sarà data alla stampa entro la fine del 2018. Un volume in cui si farà sintesi anche degli esiti della campagna avviata tra il 2014 e il 2017, quella che ha permesso il recupero dei primi elementi della misteriosa quanto affascinante costruzione residenziale legata a doppio filo all’abbazia. E che forse, dicono gli studiosi, ne ha condizionato l’origine.
"Quest'anno abbiamo deciso di ampliare l’area di ricerca così da riuscire a intuire l’intera planimetria dell’edificio – spiega il professor Fabio Saggioro, docente dell’Università di Verona, che dirige il cantiere con il Sovrintendente Andrea Breda -. Dall’anno prossimo esploreremo i piani d’uso scendendo in profondità".
Risultato: si stima un insediamento abitativo di almeno 500 metri quadri, che il radiocarbonio colloca in fase premonastica, tra il VII secolo e l’inizio dell’VIII. "È realizzato con tecnica in pietra, in ciottoli e laterizi legati da malta. Una qualità costruttiva eccezionale per il periodo, che rende il ritrovamento davvero unico in Italia. Il quadro non è definitivo, c’è ancora da lavorarci e bisogna approfondire – continua Saggioro -. Ma con ragionevole certezza si può affermare che il monastero non fu fondato in un luogo qualsiasi, ma in prossimità di una costruzione appartenuta a una famiglia di alto rango". Ad animarla adesso ci sono persino stoviglie, attrezzi - sono stati recuperati un centinaio di frammenti, tra i quali domina indiscussa la pietra ollare – e oggetti metallici.