Laura Ziliani, la figlia Silvia reperiva benzodiazepine e le provava con l’alcol

Nell'ordinanza firmata dal gip si legge che "nel corso di una conversazione aveva riferito alla sorella di essere stata malissimo e di non voler ripetere l’esperienza"

Silvia e Paola Zani, figlie di Laura Ziliani

Silvia e Paola Zani, figlie di Laura Ziliani

Brescia -  Le analisi tossicologiche hanno dato il loro responso: nel materiale biologico prelevato nel corso dell’autopsia di Laura Ziliani era presente il Bromazepam, un composto di benzodiazepine, con azione ansiolitica e ipnoinducente. Un tranquillante. Laura Ziliani, donna vitale, sportiva, amante delle camminate in montagna e delle immersioni piene nella natura, non aveva mai fatto uso di farmaci del genere, neppure ne conosceva l’esistenza. Nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere Silvia e Paola Zani e Mirto Milani merge un episodio. Durante le indagini, il 26 giugno, i carabinieri si erano presentati nell’appartamento che le sorelle Zani condividevano in un condominio di via Galvani, a Brescia. Era stato trovato e sequestrato un flacone che conteneva Bromazepam Sandoz, pieno per un terzo.

"Circa il reperimento - scrive il gip Alessandra Sabatucci - di tale farmaco, le indagini tecniche disvelavano come Zani Silvia, dipendente presso una casa di riposo, in passato avesse sottratto della Queatipina 50 per provarne gli effetti unitamente all’assunzione di alcool.  Nel corso della conversazione captata il 16 luglio 2021 aveva riferito alla sorella di essere stata malissimo e di non voler ripetere l’esperienza. Circostanza che dunque documenta la facilità con la quale l’indagata poteva procurarsi benzodiazepine nonché come la stessa ben conoscesse gli effetti di tale sostanza". Ma sul punto l’esame tossicologico è stato chiaro: non è stato l’ansiolitico a uccidere Laura Ziliani. "I rilievi quantitativi di tale composto consentono di escludere che esso possa avere avuto un ruolo diretto nel determinare l’arresto delle funzioni vitali di Laura Ziliani". Il Bromazepam è stato allora il mezzo, lo strumento per stordire, addormentare, neutralizzare la donna e consentire di agire su di lei. "D’altro canto - osserva infatti l’ordinanza -, è possibile ritenere che al momento del decesso la donna si trovasse sotto l’influenza di tale composto, anche potenzialmente idoneo a compromettere le capacità di difesa rispetto ad insulti lesivi esterni".