La forza della mafia Un mix di reclute e nomi storici per ampliare i crimini

L’inchiesta “Cavalli di Razza“ della Dda di Milano ha rivelato come le organizzazioni si siano evolute radicandosi in Lombardia. Gli inquirenti: "Agiscono mescolando metodi e strumenti diversi".

La forza della mafia  Un mix di reclute  e nomi storici  per ampliare i crimini

La forza della mafia Un mix di reclute e nomi storici per ampliare i crimini

di Paola Pioppi

L’inchiesta “Cavalli di Razza“ della Dda di Milano ha evidenziato "in maniera inequivocabile" che la locale di ‘ndrangheta di Fino Mornasco (Como) è la "continuazione storica, personale, familiare e territoriale del precedente contesto mafioso, di cui era già stata accertata l’esistenza con le sentenze delle precedenti e le vaste indagini “Notte dei fiori di San Vito“ del 1994 e “Insubria“ del 2014. È quanto sottolinea il Gup di Milano, Lorenza Pasquinelli, nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 19 dicembre ha inflitto, tra giudizi con rito abbreviato e patteggiamenti, oltre 200 anni di reclusione a 34 imputati. Una compagine caratterizzata "dalla convivenza di più gruppi criminali con azioni, interessi e organizzazioni parallele e solo in parte sovrapponibili, ugualmente ma unitariamente capaci di sfruttare la forza di intimidazione derivante dalla fama criminale conseguita, nel corso di decenni, nei territori di storico e originario insediamento", aggiunge il giudice.

La pena più alta, 11 anni e 8 mesi, era giunta per lo storico boss della ‘ndrangheta in Lombardia Bartolomeo Iaconis, 64 anni di Appiano Gentile, già detenuto con l’ergastolo per l’omicidio di Franco Mancuso avvenuto nel 2008, con la confisca di 680mila euro per i reati di fatture per operazioni inesistenti e bancarotta fraudolenta. Dagli atti dell’indagine condotta dalla Squadra Mobile di Milano e della Guardia di finanza di Como, coordinata dai pm Pasquale Addesso e Sara Ombra, conclusa a novembre 2021, era emerso anche che Attilio Salerni, 62 anni, condannato a 8 anni, e il fratello Antonio, 56 anni, 8 anni e 4 mesi di condanna, entrambi di Gerenzano sarebbero stati gli esecutori materiali "di violenze e minacce nei confronti dei dirigenti" della Spumador Spa di Cadorago, per la quale era stata disposta l’amministrazione giudiziaria per infiltrazioni mafiose, poi revocata. Minacce finalizzate a imporre l’affidamento delle consegne alla Sea Trasporti, la società dei Salerni, e agli autisti collegati alle loro attività, estromettendo così tutti gli altri autotrasportatori che collaboravano con la società di Cadorago.

Le motivazioni della sentenza, in oltre mille pagine depositate in questi giorni, rivelano come l’evolversi della ‘ndrangheta in Lombardia abbia portato a "un arricchimento del panorama umano di riferimento, posto che le locali", ossia i clan "si compongono non solo di personalità mafiose già note, ma anche di nuove generazioni, nuove reclute e, soprattutto, nuovi meccanismi osmotici rispetto al contesto storico e geografico di riferimento". E ciò, secondo l’analisi del giudice, genera "situazioni, anche nuove, caratterizzate da una mescolanza di strumentalizzazione del metodo e della matrice mafiosa con il perseguimento di obiettivi criminali più comuni".