Imprenditore scomparso in fonderia a Marcheno: il nipote a giudizio per omicidio

Brescia, per l’accusa Giacomo Bozzoli odiava lo zio Mario e lo uccise. Per la difesa non ci sono prove

Giallo di Marcheno, scomparso Marco Bozzoli

Giallo di Marcheno, scomparso Marco Bozzoli

Brescia, 11 dicembre 2020 - Per la scomparsa di Mario Bozzoli, l’imprenditore che la sera dell’8 ottobre 2015 si volatilizzò nella fonderia di Marcheno, ci sarà un processo. Il 14 gennaio, davanti alla Corte d’assise presieduta da Roberto Spanò. Unico imputato, il nipote Giacomo, che risponde dell’omicidio premeditato e della distruzione del cadavere dello zio. Il gup, Alberto Pavan, ieri lo ha rinviato a giudizio, dopo oltre tre ore di camera di consiglio e tre udienze.

Da una parte le ragioni del pg Marco Martani e dell’aggiunto Silvio Bonfigli,per i quali Giacomo era l’unico ad avere interesse ad uccidere lo zio, nei confronti del quale nutriva un odio sbandierato a destra e a manca. Non solo la ex dell’imputato aveva dichiarato di essere stata coinvolta in un piano omicidiario, ma pure la moglie di un amico d’infanzia di Giacomo, prima di morire suicida sotto un treno a Torino nel 2016, disse che il marito ricevette la stessa proposta. Dall’altra, le ragioni della difesa, con l’avvocato Luigi Frattini che ha perorato il proscioglimento per assenza di prove. A cominciare da quella che Mario sia morto, e non, invece, nel pieno di una seconda vita dall’altra parte del mondo. "Ipotesi ridicola e da bar sport" ha stigmatizzato l’avvocato Vanni Barzellotti all’uscita del Tribunale, seguito dalla moglie di Mario, Irene, i figli Claudio e Giuseppe e la cognata. La sorella di Adelio, schierata con l’altro ramo della famiglia Anche Adelio, contitolare della fonderia e padre dell’imputato, era in aula, ma accanto alla difesa del figlio, assente.

«Oggi è un bel giorno , sappiamo che ci sarà un processo, anche se cinque anni di attesa sono tanti – ha detto Barzellotti -. Questo ci consentirà di contribuire all’accertamento della verità". Oltre ventimila atti d’indagine, un’avocazione della Procura generale, hanno generato una lettura dei fatti inconciliabile. L’unico dato certo è che Mario alle 19.12 telefonò alla moglie per dire che si sarebbe cambiato e tornto a casa, ma i suoi abiti puliti sono rimasti nello spogliatoio e l’auto nel piazzale. Da quel momento, tutto diverge: ricostruzione dei movimenti di nipote e zio, orari, testimonianze. Non si trova il corpo, ma la Procura è certa che Giacomo abbia agito in quello spogliatoio prima di uscire alle 19,33 con la sua Porsche Cayenne, rientrare poco dopo, e riuscire defintivamente. Il suo telefonino tra le 19 e le 19,18 riceve delle chiamate a cui non risponde, l’app I-Health non registra attività. E guarda caso nello spogliatoio per i telefoni non c’è campo. Ma per la difesa non è vero: Giacomo non rispondeva al telefono solo perché l’aveva dimenticato su una ruspa, il campo c’era, i suoi spostamenti sono tracciati. E Mario alle 19,17 era ancora vivo, inquadrato dalle telecamere su un muletto nel reparto dei pani. Ma per la Procura quell’uomo era un altro.