"Gelosia delirante". Le motivazioni dell’assoluzione del professore-omicida

La Corte d’Assise d’appello in 20 pagine spiega il perché del verdetto

Il ricorso della Procura "non appare dotato di forza persuasiva superiore a quella della sentenza di prime che cure che all’esito della rinnovazione dibattimentale risulta pure rafforzata". In 20 pagine la Corte d’Assise d’appello spiega la conferma dell’assoluzione per Antonio Gozzini, l’ex docente di Fisica oggi 82enne che il 4 ottobre 2019 uccise a coltellate la moglie e collega Cristina Maioli, 62 anni, nel loro appartamento a Brescia, per difetto di imputabilità dovuto a un vizio totale di mente. Colpa di una “gelosia delirante“ e “patologica“, scrissero i giudici di 1° grado suscitando polemiche, nonché l’impugnazione del pm Passalacqua la quale, sconfessando il suo consulente Sergio Monchieri, aveva chiesto l’ergastolo. "Tutte le osservazioni critiche proposte dall’appellante risultano non pertinenti o non tali da scalfire la validità degli accertamenti di Monchieri", scrive il presidente Giulio Deantoni. Per Monchieri Gozzini "all’epoca dei fatti e ora è affetto da disturbo delirante tipo gelosia, tale da escludere totalmente la capacità di intendere e di volere". Il pg Guido Rispoli aveva chiesto la condanna a 21 anni: "la gelosia patologica non aveva mai dato segnali prima dell’omicidio, se n’è parlato solo a posteriori per tentare di trovare una causa di non punibilità". La Corte ha ritenuto convincente la visione di Monchieri: "L’unico elemento patologico, radicato in Gozzini è l’idea delirante (dei presunti tradimenti, ndr). Al di fuori il suo funzionamento mentale normale". B.R.