Calcinato, Federica Lombardo: "Io discriminata perché gay. Ho vinto ma ne esco devastata"

La responsabile dell’ufficio tecnico e la comandante della Polizia locale Luisa Zampiceni sostituite dopo la loro unione civile. Condannata in appello l'amministrazione bresciana. Federica: "Oggi non mi risposerei"

Federica Lombardo 47 anni (a destra) con la compagna Luisa Zampiceni

Federica Lombardo 47 anni (a destra) con la compagna Luisa Zampiceni

«È accertato il carattere discriminatorio della condotta del Comune che dopo l’unione civile di Federica Lombardo con altra dipendente l’ha trattata diversamente dagli altri dipendenti per quanto attiene l’assegnazione di posizioni organizzative, privandola dell’incarico di responsabilità». È la conclusione della Corte d’Appello civile, sezione Lavoro, che ribaltando una sentenza del tribunale ha condannato l’amministrazione del centro dell’entroterra gardesano a risarcire la ex responsabile dell’ufficio tecnico con 22mila euro, a corrisponderle 12mila di incentivi e a pagare le spese di giudizio. La vicenda prende le mosse da un ricorso di Lombardo, dal 2011 e per 10 anni a capo dell’area tecnica, che nel 2021 fu esautorata e il suo posto fu assegnato a una neoassunta. Una scelta redistributiva dettata da una logica anti-corruzione, si è giustificato il Comune. Lombardo però, che nel giugno precedente aveva sposato la ex comandante della Locale Luisa Zampiceni, si è convinta che il demansionamento c’entrasse con un’avversione alle unioni civili da parte del sindaco Nicoletta Maestri, del vice Mirko Cinquetti e dell’assessore alla Sicurezza Stefano Vergano. Non a caso pure la moglie nel 2011 fu messa in condizioni di dimettersi. Per la Corte le giustificazioni addotte dal Comune si sono rivelati «deboli» e «non veritiere». 

L'intervista

«Col senno di poi, sarebbe stato meglio non sposarsi. Mi hanno dato ragione, ma esco da questi due anni con le ossa rotte". Dovrebbe essere felice Federica Lombardo, 47 anni, fino al 2021 responsabile dell’ufficio tecnico di Calcinato. In parte lo è (e non potrebbe essere altrimenti), perché la sezione Lavoro della corte d’Appello di Brescia ha riconosciuto le sue ragioni e ha condannato il Comune a risarcirla, riconoscendo "il carattere discriminatorio della condotta" sfociata "nella privazione dell’incarico di responsabile di posizione organizzativa". Mettendo in fila documenti e testimonianze, la Corte ha ribaltato la sentenza di primo grado, confermando quello che Lombardo ha sempre sostenuto: in Comune hanno cambiato le regole, applicando solo a lei un principio di rotazione, per rimuoverla dal suo incarico. Il motivo? L’unione civile con Luisa Zampiceni, comandante della Polizia locale fino al 2021.

"Ci è stata fatta terra bruciata attorno"

«Prima del 2020 ero un bravissimo tecnico comunale, apprezzata in tutta la provincia di Brescia – è lo sfogo di Lombardo - dopo l’unione civile sono diventata la peggiore, da evitare". Dopo un periodo di mobilità, Lombardo si è licenziata. "Ci è stata fatta terra bruciata attorno. Sono stati due anni difficili, se non fosse arrivata questa sentenza non so come sarebbe stato il mio futuro". A Calcinato, Lombardo sottolinea di non aver mai avuto spiegazioni ufficiali sul perché sia stato applicato proprio a lei il principio di rotazione. Può aver influito il fatto che entrambe fossero figure di peso per un piccolo Comune? "Se fossimo stati un uomo ed una donna saremmo ancora lì", afferma sicura.

I giudici: "Discriminate per l'orientamento sessuale"

Anche la Corte non ha dubbi sulla discriminazione legata all’orientamento sessuale, reso ufficiale con l’unione civile, visto che almeno due assessori "hanno manifestato in varie occasioni, anche all’interno dello stesso organo esecutivo del Comune, la loro disapprovazione dei legami tra persone omosessuali". E infatti, "il Comune ha ritenuto ricorrere all’istituto della rotazione degli incarichi per la prima e unica volta soltanto nel 2021 ed esclusivamente nei confronti della Lombardo".

L'altra causa

A Zampiceni non è andata meglio: anche lei ha perso il suo incarico, dopo che, con una modifica di regolamento, per il suo ruolo è stata richiesta la laurea, non prevista da norme di legge. In corso, per questo, c’è un’ulteriore causa. "Resta una grande amarezza per una vicenda che mi ha devastato sul fronte psicologico, fisico. E che mi ha fatto perdere fiducia nella Pubblica amministrazione. Tornare al lavoro? Quando mi sono rivolta al giudice, non ho chiesto il reintegro a Calcinato, perché non me la sentivo di tornare lì. Ora lo farei: sarebbe giusto che tornassi al mio posto dopo ciò che ho subito".