
Federica Di Giacomo al lavoro
Torbole Casaglia (Brescia), 7 settembre 2017 - Sin da piccola, dice, le piaceva capire come funzionano ingranaggi, cose e persone. La appassionano bulloni, staffe, trattori, ma anche gli esseri umani, sotto ogni profilo. I libri gialli e noir. «Se non fossi ingegnere, sarei un medico legale». Oggi Federica Di Giacomo, bresciana, 28 anni, è caporeparto alla Fonderia di Torbole Casaglia (Brescia), cuore pulsante di EF Group, holding che all’anno sforna 14 milioni di dischi frenanti in ghisa montati da auto Volkswagen, Toyota, GM, Hyundai, 150 milioni di fatturato previsto per fine 2017.
Da gennaio 2016 è responsabile collaudi. Sotto di sé ha cento operai. Solo uomini. «Mi trovo benone. Mille volte meglio lavorare con i maschi. In genere loro se pensano qualcosa te lo comunicano e poi se ne dimenticano. Con le donne invece è difficile. E poi sono protettivi. Quando mi vedono spostare dischi in ghisa da 12 chili vogliono aiutarmi. Ma io ce la faccio da sola» ride. Maturità al liceo scientifico (indirizzo linguistico), laurea triennale in Ingegneria meccanica alla Statale di Brescia, Federica si mette subito a caccia di occupazione da neolaureata. «Era marzo 2012 - racconta lei, spalle da nuotatrice professionista per 12 anni, unghie lunghe e curate, sorriso aperto -. Mi ero data tempo un anno». Il destino professionale di questa donna che sfoggia con disinvoltura bicipiti tatuati, ama cucinare e all’occasione indossa tacchi 14 («Sotto non si scende») innesta subito il turbo. Solo un mese più tardi eccola a progettare pezzi di trattori in uno studio a Rovato. Poi è alla CNH di Modena, consulente per opere di carpenteria su mezzi agricoli. Quindi in Valtrompia, dove risiede la famiglia, alla TRW, disegnatrice di cabine di guida per camion e macchine. Poi a Flero, nella Bassa, in un’azienda che costruisce silos.
L’occasione giusta però le capita per caso nel dicembre 2015. «Insegnavo crossfit e in palestra con me c’era Umberto Frigerio (uno dei tre figli di Enrico, ndr, il patron di EF Group). Mi ha notata per come trattavo gli allievi. Non amo comandare, provo a tirar fuori il meglio dalle persone. In fonderia cercavano un responsabile collaudi. E mi ha chiamata per un colloquio». Detto, fatto. Assunta a tempo indeterminato. Così da lunedì a sabato alle sette del mattino si infila gli abiti da lavoro, i tappi nelle orecchie ed entra in fabbrica. «Si scoppia di cose da fare». Durante la settimana non esce prima delle 17-18 e poi corre in palestra a fare crossfit. «Il mio consiglio ai neolaureati? Non stare fermi a sognare il lavoro della vita ma muoversi. Io mi sono mantenuta agli studi facendo la cameriera. Anche quell’esperienza mi è servita».