'Edith, una ballerina all'inferno', girato nel teatro di Salò, al Giffoni Film Festival

Una storia di speranza e coraggio che riporta sul grande schermo l’orrore della Shoah

“Edith una ballerina all’inferno“

“Edith una ballerina all’inferno“

Brescia - Edith ha solo 16 anni quando una notte del 1944 i soldati fanno irruzione nella sua casa di Kassa in Ungheria. I militari cominciano a urlare, afferrano suo padre per i capelli e uno di loro gli sibila all’orecchio: "Guarda la tua casa per l’ultima volta! È ora di fare un viaggetto!". Quella notte per Edith e la sua famiglia inizia l’incubo, lo stesso che ha portato allo sterminio di centinaia di migliaia di Ebrei ungheresi all’interno del campo di concentramento di Auschwitz. I suoi genitori vengono inviati alla camera a gas, per ordine di Joseph Mengele. Il medico assassino chiede, invece, a Edith di danzare per lui, in cambio di un tozzo di pane, sulle note del valzer Sul bel Danubio blu . In quel momento Edith sceglie di vivere e, a occhi chiusi, scalza, balla pensando ai suoi genitori.

È una storia di speranza e di coraggio, oltre che straordinaria testimonianza storica, quella che ha ispirato il film “Edith, una ballerina all’inferno”, con la regia di Marco Zuin e la sceneggiatura di Emanuele Turelli. È stato proprio Turelli, bresciano d’origine, a incontrare la storia che Edith Eva Eger, psicologa, ballerina, ebrea ungherese, sopravvissuta ai lager nazisti ha voluto affidare alle pagine del suo libro “La scelta di Edith”, e a volerla trasformare in un film.

Vetrina d’eccezione per la première internazionale sarà la 52ª edizione del prestigioso Festival del cinema di Giffoni, il 23 luglio prossimo. Una cornice perfetta per "un progetto cinematografico nato dai ragazzi, per i ragazzi", come lo ha definito Claudia Ziliani, presidente dell’associazione Violet Moon e produttore esecutivo del film.

Eccezionale anche la location del set, il Teatro Sociale di Salò, la cui storia si intreccia con le drammatiche vicende della Seconda Guerra Mondiale. Sulle sue poltroncine, infatti, sedevano i gerarchi fascisti della Repubblica Sociale. E fu in una di quelle sale che l’allora ministro dell’interno della Rsi, Buffarini Guidi, firmò l’ordinanza di polizia numero 5 che tolse la cittadinanza italiana agli Ebrei e ne decretò l’arresto come cittadini di una potenza straniera e nemica. Il vecchio teatro, abbandonato da anni, nei mesi scorsi è invece diventato simbolo delle vicende narrate, con gli spazi che si sono trasformati in baracche, carri bestiame, dormitori, campi di lavoro, in una sorta di contrappasso.