Delitto Ziliani, procura all’ultimo atto: chiesto il processo per i reo confessi

Accusati dell’omicidio dell’ex vigilessa di Temù due sue figlie e il fidanzato di una di loro. Hanno ceduto sotto il peso di prove e indizi

Laura Ziliani

Laura Ziliani

Temù (Brescia) - A una settimana dalle confessioni, c’è la richiesta di rinvio a giudizio. Si avvicina il processo in Assise per gli assassini di Laura Ziliani, la 55enne ex vigilessa di Temù scomparsa 8 maggio di un anno fa dalla sua abitazione in Valcamonica e ritrovata tre mesi dopo sul greto del fiume Oglio, disseppellita da una piena.

Il pm Caty Bressanelli ha chiesto di processare le figlie, Silvia e Paola Zani, 27 e 20 anni, e il fidanzato della primogenita Mirto Milani, 28 anni il 24 giugno prossimo. Gli atti sono passati nelle mani del gup, che ora dovrà fissare l’udienza preliminare. Il trio, che è in cella dallo scorso settembre, risponde di omicidio pluriaggravato e di occultamento di cadavere.

Il primo a crollare davanti al magistrato, trascorso un anno in completo silenzio, è stato il sopranista lecchese laureato in psicologia, che faceva coppia fissa con Silvia, ma pare avesse una relazione anche con la sorella. Le carte dell’inchiesta lo dipingono come un abile manipolatore, fattivamente interessato al cospicuo patrimonio immobiliare della famiglia Zani-Ziliani. Tuttavia nelle ultime settimane Milani è apparso il più provato dei tre, alle prese con crolli nervosi e minacce di suicidio. Dopo le ammissioni del ragazzo, a stretto giro sono arrivate quelle delle figlie. Dalle confessioni è emersa una sequenza omicidiaria da brivido, che conferma in toto l’impianto accusatorio.

L’unico aspetto che gli imputati non hanno ammesso è stato il movente economico di cui è convinta la procura. L’omicidio a sentire le sorelle e Milani è esploso in un conteso di forti conflitti con la vittima, dipinta come madre svalutante e maltrattante. I tre avevano già provato a eliminare Laura Ziliani una sera di metà aprile facendole sorbire una tisana alle benzodiazepine. Il piano però, che prevedeva l’eliminazione vera e propria in un secondo momento – era anche stata scavata una buca nei boschi da usare come “tomba” – era allora naufragato. Somministrato il beverone alla 52enne – la quale aveva avuto un misterioso malore – Milani stando ai ragazzi non aveva avuto il coraggio di andare fino in fondo.

La seconda volta, invece, tutto è filato liscio. La sera della vigilia della festa della mamma la donna, raggiunta l’abitazione di via Ballardini a Temù e non sospettando alcunché, ha bevuto nuovamente la tisana imbottita di Bromezepam. Poi, scivolata in un sonno ipnotico, si è ritrovata improvvisamente con un sacchetto di plastica in testa, il collo legato da una fettuccia. E quattro mani - quelle di Silvia e Mirto, pare - che si sono alternate convulsamente attorno alla gola per strozzarla. Caricata nel bagagliaio dell’auto nel cuore della notte, è finita sotto terra. Ma la terra l’ha fatta ritrovare.