Da canonica a rifugio per famiglie

Quattro donne e i loro bimbi hanno trovato una nuova casa grazie al parroco di Nave, don Ruggero Zani

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di Federica Pacella

Quattro famiglie, quattro storie diverse, che si sono ritrovate, senza conoscersi, nella canonica di Nave, che il parroco, don Ruggero Zani, ha aperto ai profughi dell’Ucraina. Dopo i ricongiungimenti della prima ondata, ora sono sempre di più le persone che arrivano dall’Ucraina senza avere dei familiari da raggiungere, senza conoscere l’italiano. Nel caso degli ospiti di Nave (10 persone di cui 5 bambini) sono stati i volontari, che ciascuno ha incontrato sulla propria strada, ad indicare la canonica come possibile soluzione. Natalia viene da Odessa. "Quando hanno iniziato a bombardare, ho pensato a come scappare. Avevo delle conoscenze nella campagna di Brescia, a Dello, mi hanno detto che qui qualcuno poteva aiutarmi". Victoria, in attesa di due gemelli, viveva a Vinnitsa, prima di fuggire con il suo primogenito.

"In 13 giorni, ci sono stati 50 bombardamenti. Ho visto con i miei occhi i razzi che volevano sulla testa. Dormivamo 2 ore al giorno, eravamo sempre nelle cantine, ma solo 4 erano veri rifugi: le altre erano cantine private, non saremmo sopravvissuti se fosse caduto il palazzo. C’erano mamme che partorivano lì, bambini che morivano dopo il parto. Quando ho visto che i russi bombardavano gli asili, che fucilavano famiglie intere, sono partita. Da quando siamo qui, possiamo finalmente dormire". Quando è scappata, Victoria non sapeva bene dove andare. "Sono arrivata qui tramite l’autista del pullman, che mi ha consigliato di stare nelle chiese, perché nelle famiglie che ospitano non si sa mai da chi si capita". Olga e Vasiliy sono due coniugi che invece arrivano da Kiev.

Nel loro giardino si sono ritrovati un missile, mentre dei militari russi sono entrati in casa ed hanno minacciato l’uomo, 67 anni, con il kalashnikov. Due dei loro 3 figli sono militari. "Sono stati loro a dirci di andar via, perché finché ci sono i civili in città loro non possono combattere: gli ucraini non sparano ai civili". A Brescia sono arrivati per raggiungere una conoscente, che però sta già ospitando molti parenti. Così, quando sono andati all’hub vaccinale, hanno chiesto dove potessero andare ed è stata indicata loro la canonica. Adelina, infine, arriva da Zaporizhzhia. "Quando è iniziato l’incendio nella centrale eravamo terrorizzati. Il viaggio è stato difficile. In treno eravamo stipati, tanti bambini hanno avuto le costole rotte. In ogni stazione, c’erano le persone che battevano sui vetri per entrare. Avevamo paura, perché potevano bombardare il treno. Non sapevo se saremmo arrivati vivi, ma sapevo che l’unica cosa era scappare".