
Giacomo Bozzoli è stato rinchiuso nel carcere di Bollate, a Milano
È provato, logorato, “sotto choc” per la vita nel carcere di Bollate. Giacomo Bozzoli d’altronde è vissuto nel lusso fino al momento della cattura dopo 11 giorni di latitanza a seguito della condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario, gettato nel forno della fonderia di famiglia l’8 ottobre 2015. Questo stato psico-emotivo, secondo gli inquirenti, lo rende incapace di affrontare un interrogatorio: questo avverrà con ogni probabilità la prossima settimana.
Dal canto suo, Bozzoli continua a proclamare al sua innocenza e punta a fare riaprire il caso. Ma ciò di cui la Procura intende discutere non è il merito del processo – già ampiamente svelato nel corso di tre gradi di giudizio – bensì il periodo di latitanza. Le domande sono tante. Come ha fatto un uomo già condannato all'ergastolo in appello e in attesa di conferma a fuggire? Come è riuscito a sfuggire per oltre dieci giorni a un mandato di cattura internazionale? E com’è tornato in Italia? Aveva complici? Da quanto tempo era nella sua villa? E dov'è finita la Maserati?
Bozzoli, dopo un periodo in Spagna con la moglie Antonella Colossi e il figlio di otto anni iniziato il 24 giugno (circa una settimana prima della sentenza), è tornato in qualche modo in Italia finché non è stato catturato dai carabinieri nella sua villa di Soiano del Garda, sul lago di Garda, in provincia di Brescia: era nascosto nel cassettone del letto, con 50 mila euro in un borsello. Si era fatto crescere barba e baffi.