GABRIELE MORONI
Cronaca

Giacomo Bozzoli, chi è la super-testimone che potrebbe riaprire il processo: la rappresentante di un’azienda austriaca

Marcheno (Brescia), la strategia dell'uomo condannato all'ergastolo per l'omicidio dello zio Mario. La dipendente della Montanwerke-Brixlegg, presente nelle sentenze, non è mai stata ascoltata dai magistrati

Giacomo Bozzoli in tribunale e, a destra, catturato dopo la latitanza

Le speranze di Giacomo Bozzoli di sollevare da sé il macigno dell'ergastolo portano in Austria, a Brixlegg, meno di tremila abitanti nel distretto di Kufstein, in Tirolo. Portano alla Montanwerke-Brixlegg, specializzata nella lavorazione di metalli. Portano a una rappresentante dell'azienda che, secondo Giacomo, potrebbe assicurare di non avergli mai dato denaro: sarebbe questa donna, mai sentita dai giudici ma presente nelle sentenze, il "testimone austriaco" di cui parla Bozzoli, ancora latitante in Spagna, nella lettera inviata a tre magistrati di Brescia.

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La vicenda parte dai 4.400 euro trovati nell'abitazione di Giuseppe Ghirardini, l'operaio della fonderia Bozzoli, che evaporò pochi giorni dopo la misteriosa sparizione di Mario Bozzoli e venne ritrovato a Case di Viso, sopra Ponte di Legno, avvelenato dal cianuro. Tutte le banconote erano state emesse dalla Banca Centrale Austriaca. Ghirardini non era mai stato in Austria e non godeva di una situazione economica tale da spiegare il possesso di quella somma. Secondo la sentenza di primo grado, stesa dal presidente Roberto Spanò, le banconote "non costituivano il frutto di un'accumulazione parcellizzata, bensì di una dazione compiuta in un'unica soluzione": il compenso elargito (quasi a ridosso del fatto) da Giacomo Bozzoli a Ghirardini, che per la sentenza di appello collaborò con lui quantomeno nella distruzione del corpo dello zio Mario, nel forno grande della fonderia di Marcheno, la sera dell'8 ottobre 2015.

Tra il 27 maggio e l'8 giugno 2015 ci sono quattro scambi bilaterali, riusciti o falliti, fra l'utenza di Giacomo e quella della ditta Montanwerke Brixlegg. In occasione dei due contatti dell'8 giugno l'utenza austriaca si trova persino nel Bresciano, a Passirano.

Interrogato dal pubblico ministero, il 17 luglio 2019, in un primo tempo Giacomo Bozzoli assicura che "mai ho avuto nessun tipo di rapporto con l'Austria... non sono mai andato in Austria e non ho mai parlato con nessuna azienda austriaca...", salvo precisare subito dopo "mi sono permesso di chiamare una rappresentante che lavora per la Montanwerke" e ammettere, alla fine: "L'ho chiamata quattro volte". Elementi che da soli non consentirebbero di provare, necessariamente, il passaggio del denaro da Bozzoli a Ghirardini, ma che inseriti nel quadro accusatorio assumono "una indubbia valenza probatoria".

Nel ricorso per chiedere alla Cassazione l'annullamento della condanna, i difensori di Giacomo, l'avvocato Luigi Frattini e il figlio Giovanni, avevano attaccato a fondo questa ricostruzione. Le conversazioni di Giacomo con l'azienda austriaca "furono molto brevi e del tutto sporadiche", non venne "concluso mai alcun contratto per il prezzo troppo elevato che era chiesto da quella società (la Montanwerke-Brixlegg, ndr) per i propri prodotti" e, in generale, "non venne mai concluso alcun accordo" tra la società Bozzoli e società austriache. Nei processi è mancato l'esame, come testimone, della rappresentante Montanwerke-Brixlegg con cui Giacomo ebbe i quattro contatti telefonici.