ALESSANDRO LUIGI MAGGI
Cronaca

"Bene la Nazionale ma non basta. Questo sport deve essere riformato. Olimpia e Virtus, rivalità che piace"

L’ex ct azzurro: "La squadra di Messina ha faticato nell’affidarsi a Mirotic, peccato ma succede"

Chiusa la sua esperienza con l’azzurro, culminata all’ultima World Cup da senior assistant del ct Gianmarco Pozzecco, Carlo Recalcati torna spettatore esterno: "Per quanto in fase di riabilitazione dopo un intervento all’anca".

Ma ovviamente il simbolo del nostro basket continua ad essere opinionista serio e attento, con idee a ripetizione.

"Come rilanciare il nostro basket? Domanda complessa, sicuro. Io ho una mia idea che arriva da lontano: rivedrei il discorso dell’obbligo dei giocatori a referto. Ma era da fare 10 anni fa. Si doveva passare ad un nuovo sistema, sostituendo obbligo con incentivazione. Per gli italiani in LBA e i giovani nelle serie inferiori. Iscrivere a referto non serve a niente, servono italiani che giochino. Ovvio, parlo da ex ct".

Il presidente della FIP Gianni Petrucci ha sempre posto l’accento sulla centralità della Nazionale rispetto ad tutte le altre componenti.

"La Nazionale ha un ruolo ben preciso e determinante, unisce e non divide. Però è chiaro che da sola non sia sufficiente per la promozione. Non bisogna trascurare i club, l’attività meritoria delle società di settore giovanile. Mia vecchia convinzione, la Nazionale deve sempre essere in chiaro. All’ultimo Mondiale ci siamo riusciti? Sì, ma da quanti anni non accadeva".

E allora arriviamo ai club. Il duopolio Olimpia Milano-Virtus Bologna è una fortuna o una condanna per il movimento?

"È chiaro che la speranza sia che il duello che non rimanga mai a due protagonisti, ma possa crescere. Però una spinta, un traino ci debba essere, e questo è quello che stanno facendo i due club. Costringendo le altre, nei limiti delle loro possibilità, ad attrezzarsi e competere".

L’Olimpia Milano ha vissuto una seconda stagione da incubo a livello di EuroLeague. Come se lo spiega?

"È stata una stagione complessa, il livello della competizione è molto alto e gli infortuni hanno sicuramente un impatto, pur su roster molto lunghi. L’Europa ora è un discorso chiuso, per il campionato conta la condizione all’inizio dei playoff".

Si è parlato per Milano della mancanza di un play. Lei che idea si è fatto?

"La collocazione di Mirotic ha creato qualche problema all’inizio. Milano ha trovato il passo migliore quando è tornato a giocare in ala forte. È sicuramente belle e affascinante testare dei quintettoni, ma se guadagni in prevalenza fisica perdi nella gestione palla. Il Real Madrid insegna: nei momenti chiave hanno tre piccoli, visto che in ala piccola ci trovi Rudy Fernandez".

Il basket europeo pare infatti andare decisamente in questa direzione...

"Sono cose bellissime, lo ribadisco Anche io in Fortitudo giocavo con Galanda, Fucka e Vrankovic. Ma a Varese, invece, Galanda giocava poi pivot. Dipende dalla compatibilità della squadra che hai. E io amo andare con i ’’piccoli’’".

Chiudiamo con Cantù, che pare arrivare in crescita a questi playoff. Ce la può fare?

"Ci sono tante pretendenti, ma il primo fattore si chiama infortuni: con roster corti, l’impatto è determinante. Cantù li ha avuti, ora stanno tutti bene, e pare aver trovato il modo ottimale per giocare assieme. Partono nelle migliori condizioni possibili, non capisco però questo stop di quindici giorni dalla fine della stagione regolare al via dei playoff. Farà gioco per lavorare sui recuperi, Cantù paradossalmente avrebbe avuto bisogno di giocare domani. E Cividale è una pessima cliente".

A2 che il prossimo anno tornerà ad un format a girone unico.

"Non lo dica a me, che anni fa ipotizzai di testare il sistema delle conference in A2 per poi portarlo in LBA. Ho parlato tempo fa con il padre di Nicolò Melli: lui viene da 105 partite nella scorsa stagione. Con le conference avresti aumentato il numero delle squadre, ma potevi far giocare meno gare a chi partecipava alle coppe. A quel punto la classifica la facevi con le percentuali di vittorie. Occhio: meno gare, meno infortuni. Dunque meno investimenti per i club".