
di Beatrice Raspa
Rimarrà a Brescia l’inchiesta Leonessa sugli ‘stiddari’ del nord specializzati in indebite compensazioni con i crediti fittizi. Lo ha deciso ieri il gup Riccardo Moreschi nell’ambito della prima tranche di udienza preliminare per 17 imputati (in tutto sono 105) sottoposti a misura cautelare. Davanti al gup, i presunti capi ’stiddari’ Rosario Marchese, Angelo Fiorisi e Roberto Raniolo, per il pm della Dda Paolo Savio e l’aggiunto Carlo Nocerino promotori di una cosca ispirata alla Stidda gelese finalizzata a reati fiscali, corruzione di pubblici ufficiali e riciclaggio di proventi illeciti. Il tutto avvalendosi della forza intimidatrice dall’associazione, caratterizzata da omertà, rispetto delle gerarchie, utilizzo di minaccia e violenza. I presunti complici sarebbero Salvatore Antonuccio, Giuseppe Arabia, Antonella Balocco, Giusepe Cammalleri, Gianfranco Cassassa, Danilo Cassisi, Carmelo Giannone, Giuseppe Nastasi, Salvatore Sambito, Corrado Savoia, Alessandro Scilio, Francesco Scopece. E ancora, Mario Burlò, Giovanni Interlicchia e Luca Verza (cui è contestato il vincolo associativo ma non la mafia, ndr).
Il gup ha rigettato le eccezioni di incompetenza territoriale delle difese, che volevano il trasferimento del fascicolo a Gela. Poi ha iniziato a sentire gli imputati, in videoconferenza. Tra cui Marchese, il 33enne di Caltagirone di casa a Lonato, che ha confermato gli interrogatori in carcere. Ha ammesso di far fortuna con le indebite compensazioni, ma ha negato di essere un mafioso e qualsiasi associazione. "Io offro un servizio, sono le aziende a cercarci per evadere le tasse, non minacciamo nessuno". Tramite l’avvocato Domenico Servillo, ha depositato una memoria e formalizzato la richiesta di rito abbreviato per i reati fiscali, ordinario per l’associazione. Abbreviati secchi per gli altri imputati.