Afghanistan, l’abbraccio di Edolo ai profughi in fuga da Kabul

Nei volti dei profughi arrivati in Valcamonica i segni del terrore e poi del sollievo. Ad accoglierli un cordone di sicurezza e di solidarietà

L’arrivo dei profughi nella base logistica e addestrativa di Edolo

L’arrivo dei profughi nella base logistica e addestrativa di Edolo

Edolo (Brescia), 22 agosto 2021 -  Una giovane donna, probabilmente non ancora ventenne, avvolta in stoffe nere, con una mascherina chirurgica ma non il burka e una bimba in fasce, vestita di rosa accarezzata lievemente dalla mano di un soldato dell’esercito italiano. La piccola aveva gli occhi chiusi, quasi per paura del mondo, mentre la mamma era in lacrime, di certo stranita da un nuovo paesaggio, da case diverse da quelle che ha sempre conosciuto e dal verde della rigogliosa e bellissima Valcamonica, così diversa dal suo Afghanistan: quell’Afghanistan che ha dovuto lasciare per salvarsi la vita e che, probabilmente, non rivedrà mai più. È questa, forse, l’immagine più forte e commovente del lungo arrivo degli afghani in fuga dai talebani arrivati alla base logistica addestrativa di Edolo dall’aeroporto di Ciampino, grazie all’input del ministro Guerini e grazie al lavoro dell’ambasciata di Kabul e del ministero della Difesa con le forze armate italiane: da sempre in prima fila nel sostegno al prossimo grazie al loro ruolo di pacificatori sia in contesto nazionale che internazionale. La cinquantina – tra donne e bambini – arrivata in alta valle, a cui si aggiunge una sessantina di uomini, è un gruppo di persone che avrà di certo lo status di rifugiati. Non sono migranti arrivati senza documenti, ma cittadini dei distretti di Kabul e Herat, dove l’Italia è stata presente per 20 anni come uno degli attori principali della missione Isaf (International Security Assistance Force). Il ruolo delle nostre forze armate è stato quello dei pacificatori. A Kabul L’Italia ha gestito Camp Invicta e la Fob (Forward Operation Base) Sterzing di Musay Valley. È anche stata presente al quartier generale nel centro della capitale. A Herat, invece, l’Italia è stata responsabile dell’area ovest e ha gestito la base di Camp Arena, che ha contato fino a 2500 militari presenti contemporaneamente, le postazioni avanzate di Bala Morghab, Shindand, Ice, Snow e alcune altre meno note alle cronache. I caduti, nel corso della missione di pace, sono stati 54 e oltre 700 i feriti. Ora gli uomini e donne di Kabul e Herat che hanno lavorato per il nostro Governo stanno arrivando in Italia poiché i Talebani probabilmente li giustizierebbero. A Edolo sono giunti interpreti, cuochi, muratori, lavapiatti, proprietari di negozi aperti all’interno delle basi, commercianti e baristi e persino addetti al funzionamento dei vari servizi e alle pulizie. Personale, insomma, che per 20 anni è stato indispensabile per consentire la quotidianità ai militari che lavoravano per assicurare loro la pace, andata persa in poche settimane da quando i Taleban hanno conquistato le città principali dell’Afghanistan. Tra di loro ci sono anche ufficiali dell’esercito e delle forze di polizia afghane, la cui identità è riservata per non metterli a rischio. A prendersi cura di questi lavoratori, collaboratori e contractors afghani per il prossimo mese saranno i militari della base edolese comandata dal colonnello Leonardo Muciacciaro e diretta dal maggiore Daniele Tissi con l’indispensabile supporto sanitario e logistico del personale del comitato di Brescia della Croce Rossa Italiana con quello di Palazzolo, competente territorialmente e per cui ieri era presente il responsabile palazzolese Fausto Belometti. È stato lui, con alcuni volontari di Breno, Palazzolo e Capriolo, ad accogliere i tre pullman scortati da carabinieri e mezzi dell’esercito. Dai finestrini dei bus è stato possibile scorgere tanti visi emozionati, che con sorrisi e un rinnovato entusiasmo per la vita, hanno risposto al saluto dei pochissimi presenti. Un bus alla volta si è poi recato in via Porro, dove i militari hanno fatto scendere quelli che saranno per quattro settimane gli ospiti della base logistica, recentemente restaurata e dotata di tutti i comfort. Le scene toccanti sono state molte: da quella, emblematica, del soldato che ha rivisto uno dei suoi interpreti e con lui si è salutato con un pugno leggero scambiato tra mano e mano e un grandissimo sorriso percepibile anche da sotto le mascherine; a quella di una anziana di piccola statura, piegata dall’età e probabilmente dalla malattia, immediatamente fatta accomodare su una sedia a rotelle e affidata a medici e infermieri della Croce Rossa, che saranno presenti nell’infermeria della base per 24 ore al giorno. I momenti dell’arrivo sono stati intensi, sia per chi si è finalmente sentito in salvo, anche se con la consapevolezza che non rivedrà più la "terra del sole, della sabbia e del vento" sia per i tanti militari.