
Massimo Bossetti (Foto Facebook)
Bergamo, 2 aprile 2016 - Una settimana di sosta al processo per l’omicidio di Yara Gambirasio. Alla ripresa, il 15 aprile, il maggiore dei tre figli di Massimo Bossetti, che oggi ha quindici anni, deporrà davanti alla Corte d’Assise come teste a difesa. Si inizierà alle tre del pomeriggio, a porte chiuse.La Corte presieduta da Antonella Bertoja ha ulteriormente sfoltito la lista testi della difesa (già scesa da 711 a 160), ammettendone una cinquantina. Circa quaranta sono già stati ascoltati, ne rimangono quindi una decina. Tra questi, oltre al figlio dell’imputato, una fisioterapista che dichiarò di essere stata importunata nel centro sportivo di Brembate la sera del 26 novembre del 2010, quando Yara scomparve, un tecnico della Vodafone, due testimoni scelti dalla difesa fra amici e conoscenti dell’imputato.
Vengono eliminati, fra gli altri, perché le loro testimonianze sono ritenute sovrabbondanti o non pertinenti le persone presenti nella palestra la sera di quel 26 novembre, quanti si trovavano a Chignolo d’Isola per le ricerche, quanti non hanno visto niente, i responsabili dei cani “molecolari”, i giovani frequentatori di un gazebo dietro la palestra, il prete che avrebbe dovuto decifrare come “segni” le ferite su Yara, il criminologo Ezio Denti, già sentito come consulente della difesa.
L’udienza potrebbe chiudere l’istruttoria dibattimentale. Esistono però due variabili. La difesa chiederà una perizia sul Dna rimasto sugli indumenti della vittima, risultato assolutamente compatibile con quello dell’imputato. «E’ inevitabile - hanno detto gli avvocati Paolo Camporini e Claudio Salvagni all’uscita -. Ci stiamo consultando con i nostri genetisti per preparare la richiesta. Secondo: la Corte deve pronunciarsi sulla richiesta dei difensori di una perizia sull’autocarro del muratore di Mapello. L’udienza scorre con una nuova sfilata di testi a difesa. Nessuno conosceva Yara, tranne uno che la ricordava a messa. Nessuno ha mai conosciuto Bossetti, tranne un uomo che ne ha parlato come di un ricordo giovanile. Nessuno ha visto la ginnasta tredicenne e l’artigiano in quella serata novembrina, nessuno si è accorto, nel fitto andirivieni attorno al centro sportivo, della presenza di un furgone sospetto, di qualcosa di strano, di un episodio anomalo.
Un paio di testimonianze riservano qualche suggestione. Raffaele Verderame, di Mapello, stava rincasando in auto con la moglie poco prima delle 19 del 26 novembre 2010 quando incrociò un furgone che procedeva in senso contrario a forte velocità. Era bianco, chiuso, con un fanale spento, un portatutto sul tetto. Una testimonianza che richiama quella di una donna di Ambivere che negli stessi minuti vide passare, davanti alla sua abitazione, un furgone bianco e chiuso, da cui giunse il grido strozzato di una voce giovanile. Annibale Consonni è il factotum di un’azienda in via Bedeschi a Chignolo d’Isola accanto al grande campo dove, il 26 febbraio del 2011, venne ritrovato per pura casualità il corpo di Yara. Una delle sue mansioni era quella di eliminare arbusti e rovi nel terreno della ditta. Non scorse nulla. Non avvertì mai odori particolari, tranne in una occasione. Ma si trattava della carcassa di un cane.