
L’operazione dei Nas nel. centro estetico abusivo a Ponte San Pietro
Ad attirare le clienti erano i prezzi vantaggiosi degli interventi estetici pubblicizzati sui social. Ad eseguirli una 42enne di origini russe, totalmente priva di specializzazione, denunciata per esercizio abusivo della professione. Lo studio era stato ricavato nel suo appartamento di Ponte San Pietro. Usava anche farmaci non autorizzati, come hanno scoperto i carabinieri del Nas di Brescia che hanno sequestrato lo studio abusivo.
Di fatto aveva trasformato una stanza della propria abitazione nel suo studio medico. Li riceveva le pazienti, attratte, principalmente, dalla pubblicità affidata a Instagram e Facebook. Praticava, senza averne titolo, non essendo uno specialista, piccoli interventi di medicina estetica per correggere, soprattutto, inestetismi del volto. Eseguiva, infatti, infiltrazioni di tossina botulinica e filler di acido ialuronico. Per farlo, peraltro, si avvaleva di farmaci di origine asiatica ed est europea, il cui utilizzo, in Italia, non era stato autorizzato dall’Agenzia italiana per il farmaco. Ad accorgersi dell’attività della donna sono stati i carabinieri della stazione di Ponte San Pietro, che la hanno segnalata ai colleghi del Nucleo antisofisticazioni e sanità. Pochi servizi di osservazione hanno consentito di confermare i sospetti. La perquisizione, disposta dalla procura (pm Mancusi) si è conclusa col sequestro dello studio, di centinaia di farmaci, di strumenti di lavoro, di agende, nonché degli smartphone usati dalla finta dottoressa.
L’analisi dei contenuti dei telefoni ha rivelato i nomi di centinaia di clienti, i prezzi (convenienti e per questo allettanti) praticati, il fatto che l’indagata operasse anche in altre città italiane e, addirittura, all’estero e, anche, conversazioni e immagini relative a molteplici lamentele da parte di donne che, dopo i trattamenti, avevano accusato effetti collaterali. Ad esempio inestetismi peggiori di quelli trattati, ovvero gonfiori, reazioni allergiche, lividi, lesioni che in alcuni casi - talvolta su suggerimento della stessa sedicente dottoressa, che rilasciava serenamente diagnosi prescrivendo farmaci - le avevano portate a chiedere un altro consulto medico o a recarsi in pronto soccorso.