"A Settembrini non interessava l’incendio. No, a lui interessava la gara di appalto della Sab" (di Telgate). A sostenerlo è stato l’avvocato Salaroli, uno dei difensori di Giuseppe Papaleo, titolare della Mabero di San Paolo d’Argon, ritenuto il mandante del rogo avvenuto la notte del 6 dicembre 2015 alla ditta Ppb di Antonio Settembrini, a Seriate, in cui vennero danneggiati 14 camion. Oltre a Papaleo, sono a processo Domenico Lombardo, Vincenzo Iaria che assoldò Mauro Cocca e Giovanni Condò, gli esecutori (già condannati in abbreviato).
L’accusa, l’udienza scorsa, aveva chiesto 13 anni per Papaleo, 9 anni e mezzo per Lombardo e 7 per Iaria, contestando la metodologia mafiosa. Ma ieri è stata la giornata della difesa di Papaleo. Per i suoi legali, Colotti di Roma e Salaroli, di Milano, che ne hanno chiesto l’assoluzione, in questo procedimento "ci sono zone d’ombra. E’ stato Settembrini Antonio a indirizzare le indagini verso Papaleo. Questa indagine è un pozzo inquinato sin dall’inizio. Un processo indiziario dove hanno avuto un ruolo le intercettazioni". Per i difensori dell’imputato sarebbe stato "Settembrini ad agire su un doppio binario" mischiando Stato e antistato: "Una cosa gravissima".
Nemmeno il movente appare chiaro. "Una questione di concorrenza tra la Ppb e la Mabero? La verità è che a Settembrini interessava solo l’aspetto economico. Doveva aveva l’appalto della Sab". Non così per la parte civile che assiste Settembrini "per cui Papaleo è il mandante per estromettere il concorrente dalla gara e accaparrarsi la fetta di mercato".
Francesco Donadoni