Processo Yara, la difesa: "Bossetti uomo normale, mai un'ombra nella sua vita"

La difesa ai giurati: nel dubbio dovete assolverlo

Massimo Bossetti

Massimo Bossetti

Brescia, 7 luglio 2017 - Yara Gambirasio è stata uccisa da un “perverso sessuale sadico” che ha “giocato” crudelmente con quel piccolo corpo ormai senza difese e l’ha rimaneggiato per depistare le indagini. Un assassino sadico di cui Massimo Bossetti è in assoluta antitesi. È il momento più intenso, più drammatico, nell’aula della Corte d’Assise d’appello di Brescia dove viene processato il muratore di Mapello, condannato in primo grado all’ergastolo. Le parole del difensore Paolo Camporini suonano terribili evocatrici dell’omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra, della notte del 26 novembre del 2010, del buio, del gelo, della solitudine. "Il lembo dello slip – dice il penalista – che esce è l’elastico. Qualcuno l’ha messo in evidenza per depistare. Per i tagli sui polsi nemmeno il chirurgo avrebbe potuto farne due uguali al buio, in mezzo al nevischio. Sono stati eseguiti altrove, anche qui per depistare. Come i tagli sotto la maglietta: è impensabile che un assassino, nell’oscurità, pensi ad alzare la maglietta e poi colpisca. Il cadavere è stato rivestito. Un sadico ha giocato con quel povero corpo. I disegni delle ferite sono stati fatti apposta. È un perverso sessuale, un sadico".

"Non è un omicidio normale di quelli che si vedono tutti i giorni. È stato commesso da qualcuno che ha serissimi problemi. Ma la vita di Bossetti è stata passata con la Tac, più che con la Tac. Non è stata trovata un’ombra. Il sadico sessuale che dovrebbe essere Bosssetti rincasa la sera per cenare, va al lavoro la mattina dopo anche se è sabato. Sarebbe andato avanti così per tutta la vita. Sono convinto che è un omicidio di quel genere. Ma proprio per questo, sono anche convinto che non possa essere stato commesso da Massimo Bossetti. Nella zona di Brembate e dintorni i carabinieri avevano classificato stupratori, pedofili. Bossetti era l’unico normale. Tanto che è stato l’unico a cui non è stato chiesto il campione salivare per il Dna".

Secondo il difensore alcuni elementi provano il depistaggio, il rimaneggiamento, "il pacifico rivestimento della vittima": una chiara traccia genetica su Yara successiva al decesso, le scarpe trovate slacciate, «la simbologia delle lesioni che rimanda al modo giovanile e in particolare a quello della ginnastica vissuto da Yara». Ancora. Sul corpo sono state trovate sette formazioni pilifere estranee a vittima e imputato. La sera in cui Yara sparisce, nel centro sportivo di Brembate si aggira un molestatore. La difesa si batte strenuamente per la ripetizione del test del Dna rimasto su Yara, che coinciderebbe con quello di Bossetti. "Cercheremo di dimostrare – esordisce il difensore Claudio Salvagni, rivolgendosi ai giudici popolari – che i dati presenti nel fascicolo non consentono di condannare Bossetti e voi dovrete essere sicuri oltre ogni ragionevole dubbio che quest’uomo è colpevole. Se i dubbi permarranno, dovrete assolverlo". Cita come esempio l’assoluzione dell’ex giocatore di football O. J. Simpson, accusato di avere ucciso la moglie. «Noi – scandisce – non abbiamo paura della verità. Accusa e parte civile si oppongono alla ripetizione del test. Che paura c’è? Di cosa avete paura?". Il processo prosegue il 10 e il 14 luglio. Il 17 la sentenza.