Bergamo, picchia la moglie per vent’anni: condannato

L’uomo dovrà versare anche un risarcimento da 10mila euro: ma è stato assolto dalle pesantissime accuse di violenza sessuale

Il tribunale ha condannato l'uomo per maltrattamenti e lesioni

Il tribunale ha condannato l'uomo per maltrattamenti e lesioni

Bergamo, 29 gennaio 2020 - Era accusato di aver violentato e picchiato per quasi 20 anni l’allora consorte (ormai ex), 42 anni, preside di una scuola privata e residente in un paese dell’hinterland di Bergamo, perchè geloso del suo successo sul lavoro e per impedirle una forma di emancipazione e di realizzazione personale. Ieri mattina, al termine della camera di consiglio, il collegio giudicante del tribunale, presieduto dal giudice Giovanni Petillo (a latere Laura Garufi e Rosanna Puzzer), ha però assolto l’imputato, C.M., 45 anni, dall’accusa di violenza sessuale “perché il fatto non sussiste”, condannandolo a 1 anno e 10 mesi di reclusione (con i benefici della sospensione condizionale della pena) per maltrattamenti e lesioni.

L’uomo è stato anche condannato a versare una provvisionale di 10mila euro all’ex moglie, che si era costituita parte civile. I difensori di C.M., gli avvocati Lorenzo Mele e Simone Inno, hanno annunciato che faranno appello contro la sentenza. La pubblica accusa, rappresentata prima dal pm Gianluigi Dettori (ora trasferito a Cagliari) e poi dal pm Carmen Pugliese, aveva invocato una condanna a 6 anni per tutti i reati contestati. Il 45enne ha sempre respinto gli addebiti: discussioni sì, percosse e minacce invece no, men che meno aggressioni fisiche e violenze sessuali. Stando alle accuse, invece, il 45enne avrebbe iniziato a tenere atteggiamenti di minacce e insulti fin dal 1996, anno del matrimonio. La situazione sarebbe precipitata a partire dal 2013, quando finalmente la donna, dopo molti ostacoli, era riuscita a realizzare il suo sogno: aprire un centro scolastico, dove per un certo periodo aveva lavorato anche il marito. In almeno un paio di occasioni la donna aveva dovuto far ricorso a cure mediche e, aveva denunciato, più volte aveva dovuto sottostare a rapporti non voluti. Da qui l’accusa di violenza sessuale, che non è però stata riconosciuta dai giudici, anche perchè, come hanno sottolineato i legali di C.M., la preside non si è mai fatta refertare e agli atti del processo non c’era nessun referto medico che attestasse l’avvenuto abuso.

Alla fine, nel 2015, la donna aveva lasciato il marito, portando con sé i figli minori. "Cercavo una mia emancipazione, volevo studiare e realizzarmi - ha sostenuto la donna nel corso del processo -. Lui (l’imputato, ndr) mi ha ostacolata e insultata ripetutamente. Però lo amavo: per questo ho aspettato vent’anni prima di denunciarlo. Ho sempre sperato che cambiasse, e invece non è successo". In aula sono state sentite anche alcune dipendenti del centro scolastico, che hanno confermato il forte turbamento della preside e di aver sentito urla e discussioni, e la madre di lei. "Fin da subito - ha raccontato quest’ultima - avevo detto a mia figlia che era l’uomo sbagliato, ma era innamorata. In un’occasione sono intervenuta in un litigio: abitavamo vicino, li ho sentiti urlare e li ho separati. Lui si è inginocchiato e ha chiesto scusa. L’ho perdonato ma ho sbagliato".