Omicidio di Seriate, Tizzani in auto disse: "Ho ucciso mia moglie"

Pesano sul processo le intercettazioni del presunto assassino della moglie Gianna. Per l’accusa sarebbero uno sfogo-confessione

Ieri in aula Paolo Tizzani, fratello di Mario che era stato sentito il giorno prima

Ieri in aula Paolo Tizzani, fratello di Mario che era stato sentito il giorno prima

Seriate (Bergamo), 22 ottobre 2020 - Pesano sul processo le intercettazioni ambientali captate sull’auto dell’imputato Antonio Tizzani. Sono tre, e arrivano al termine dell’udienza per l’omicidio di Gianna Del Gaudio, l’ex professoressa uccisa nella sua villetta di via Madonna della Neve la notte tra il 26 e il 27 agosto del 2016. Ne parla il luogotenente del Reparto operativo dei carabinieri di Bergamo, che hanno svolto le indagini. Viene chiamato dal pm Laura Cocucci per elencare parte degli elementi di indagine.

Si tratta di frasi “ascoltate“ mentre l’ex ferroviere è alla guida della sua Fiat Bravo, sempre da solo. La prima intercettazione è del novembre 2016. Si sente dire: "Scusami per quello che ti ho fatto", e per l’accusa il riferimento sarebbe alla moglie Gianna. Le altre due risalgono al 10 febbraio 2017. Gli investigatori captano altre due esternazioni di Tizzani. La prima: "Ho ucciso un angelo"; la seconda: "Ho ammazzato mia moglie". Quale il senso? Per gli inquirenti si tratterebbe di una sorta di sfogo-confessione, e lui stesso potrebbe offrire una spiegazione visto che martedì è in programma proprio l’esame di Tizzani, unico imputato per omicidio volontario.

Ieri mattina, oltre al luogotenente dei carabinieri, sono stati sentiti come testimoni l’altro figlio di Tizzani, Paolo, la moglie Elena Foresti e sua mamma. Le loro dichiarazioni sono risultate spesso contraddittorie – come ha sottolineato l’accusa – e non rispondenti a quanto entrambi avevano dichiarato a verbale davanti ai carabinieri quando erano stati ascoltati dopo l’omicidio, al punto che il pm ha chiesto alla Corte la trasmissione degli atti alla Procura insinuando il dubbio di una falsa testimonianza proprio da parte di Paolo Tizzani e Elena Foresti. In più passaggi marito e moglie hanno sminuito o negato oppure ampiamente rivisto dichiarazioni che avevano reso a verbale tra settembre e ottobre 2016, soprattutto sui rapporti che c’erano tra i due genitori.

Il pm si è soffermato soprattutto sul tema dei presunti maltrattamenti cui l’imputato avrebbe sottoposto la moglie Gianna. Paolo, 37 anni, ferroviere come il padre, sul rapporto di coppia dei genitori ha detto: "Erano felici. Andavano d’amore e d’accordo. A volte capitava che discutevano, ma spesso era mamma che provocava papà parlando di un altro uomo solo per vedere la sua reazione e sentirsi desiderata". Ma quando il pm gli chiede conto dei litigi, delle discussioni che altri testi hanno riferito e dei presunti maltrattamenti, Paolo si contraddice più volte.

A differenza di quanto dichiarato quattro anni fa, ad esempio, ha sostenuto di non aver mai assistito di persona alla scena della madre presa per i capelli. È stato evasivo anche sulla della gelosia di Tizzani e sui rimproveri alla moglie, conditi con parolacce. Stesso copione anche quando è toccato testimoniare alla moglie Elena Foresti. Ad un certo punto ha ammesso di essersi inventata all’epoca del delitto molte cose, di aver esagerato sulla questione delle liti e sugli episodi relativi alle aggressioni fisiche del suocero nei confronti della vittima.

Messa alle strette oltre che dal pm anche dall’avvocato Giovanna Agnelli, che assiste l’imputato, Elena ha ammesso di "aver ingrandito le cose quando era stata sentita dai carabinieri. Si è trattato di una sola sberla. Gianna non mi ha mai detto che copriva i lividi sulle braccia". Elena aveva mentito anche sull’incappucciato che di notte andava a suonare il campanello a casa. Lo aveva detto perché non voleva stare a casa da sola con i bimbi quando il marito era al lavoro di notte.