Una vicenda che si poteva chiudere tempo fa con il pagamento di una multa. Tutto nasce il 14 ottobre 2015, quando Giampietro Belotti, 35 anni, di Dalmine, passato alle cronache come il “nazista dell’Illinois” per via della protesta del 2014 contro le Sentinelle in piedi, pubblica sulla sua pagina Facebook un primo piano di Toni Brandi, 68 anni, residenza a Praga, presidente di Pro vita e famiglia. Pro vita è una onlus che promuove la difesa della vita, l’unione tra uomo e donna, campagne contro la “propaganda gender”. Brandi lo aveva precisato anche al giudice: "Ho molti amici omosessuali, non ho nulla contro di loro. Ma l’unione tra persone omosessuali è una cosa diversa dalla famiglia". Belotti pubblica un virgolettato preso da un’intervista in cui si esortava a "bloccare l’educazione sessuale nelle scuole perché l’obiettivo è quello di arricchire le industrie della pornografia e della contraccezione e preparare carne fresca per i pedofili". Accanto, il commento: "Avete mai visto la faccia di uno che si fa le seghe sulle videocassette de L’albero della vita?". Era seguita una denuncia per diffamazione e un decreto penale di condanna con una sanzione di 600 euro. Poteva finire li, invece Belotti ha scelto di affrontare il processo, convinto di poter dimostrare la sua innocenza.
E cosi è stato. Il processo per diffamazione ieri ha portato in aula da una parte l’imputato attivista dei diritti umani, un seguace della chiesa Pastafariana, un provocatore, e dall’altra il presidente di Pro vita e famiglia, due visioni contro. Belotti è stato assolto dal giudice Elena Kildani "perché il fatto non costituisce reato" dall’accusa di aver diffamato Toni Brandi. In aula il pm è tornato a chiedere il pagamento della stessa sanzione, e il difensore del Belotti, Stefano Chinotti, dell’Avvocatura per i diritti Lgbt-rete Lenford, l’assoluzione sulla base del diritto di critica. In una delle udienze, il pm aveva chiesto all’imputato se non ci fosse un altro modo di scrivere quel post: "Sì, ma ritengo che il modo migliore per svolgere un’azione politica su Facebook sia usare una frase breve, concisa e d’impatto. Non era mia intenzione offendere, volevo sollevare quanto sia pericoloso e ridicolo combattere l’educazione sessuale a scuola", aveva detto Belotti. Per l’imputato avevano testimoniato la giornalista Elena Tebano e l’ex deputata pd Pia Locatelli, che sul caso del nazista dell’Illinois aveva presentato un’interrogazione parlamentare: "Leggendo i giornali ero rimasta impressionata dalla severità usata per identificarlo e avevo chiesto di capire se era stata una modalità giusta". F.D.