FEDERICA PACELLA
Cronaca

L’altra discriminazione Abbandono scolastico tre volte più alto E cresce il precariato

La seconda generazione degli stranieri residenti in Lombardia fotografata nel rapporto dell’Inapp: il 29,1% interrompe gli studi. Per i coetanei nati qui invece il tasso scende al di sotto del 10%.

di Federica Pacella

Più a rischio di abbandono scolastico tra i giovani e più precari nel mondo del lavoro, dove spesso hanno mansioni che sono nettamente inferiori alle loro competenze. Sono alcuni dei tratti della condizione socioeconomica delle persone con background migratorio residenti in Lombardia (ma lo stesso vale a livello nazionale), emerse dal Rapporto sull’integrazione dei cittadini di origine straniera pubblicato dall’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) insieme al Ministero del Lavoro.

L’indagine analizza il processo di integrazione attraverso le dimensioni dell’istruzione, lavoro, inclusione sociale, condizioni di vita. Per la popolazione con background migratorio, l’istruzione, ad esempio, può rappresentare un’importante leva per la mobilità sociale; tuttavia, come si legge nel rapporto, in confronto a quella nativa, essa detiene livelli di istruzione più bassi, in particolare nelle fasce di età compresa tra i 15 e i 34 anni e, tra i più giovani (18-24enni), un tasso di abbandono precoce degli studi che supera di tre volte quello della popolazione nativa. In Lombardia, ad esempio, l’abbandono scolastico riguarda il 9,4% degli studenti nati in Italia contro il 29,1% di chi ha un background migratorio. Emblematici anche i numeri delle iscrizioni ai licei, che riguardano il 53% dei nativi e solo il 34,2% delle seconde generazioni (sebbene la percentuale sia in crescita rispetto al 26% delle prime generazioni).

"La scuola, da ambito primario di integrazione, può divenire luogo di riproduzione e rafforzamento delle disuguaglianze per le nuove generazioni dell’immigrazione – spiega l’Inapp – a causa dell’importante influenza sugli esiti scolastici delle variabili legate agli status socioeconomico e migratorio e ai contesti territoriali in cui si risiede". Anche in ambito lavorativo si registrano forti divergenze. "I nati all’estero sono più esposti al rischio di disoccupazione e, sebbene il loro tasso di occupazione sia in linea con quello degli autoctoni, scontano condizioni lavorative peggiori, fra cui una minore protezione dallo scivolamento nella condizione di povertà". Fra i nati all’estero si manifesta con intensità notevolmente maggiore il fenomeno della sovraqualificazione lavorativa (47,40% in Lombardia contro il 15,30% dei nati in Italia), mentre particolare preoccupazione desta inoltre l’ampiezza della quota di giovani di origine straniera che non studia e non lavora: se il numero di Neet nativi è già alto (13,80%) in Lombardia, tra i nati all’estero raggiunge picchi allarmanti (35,30% in regione). Alle condizioni tangibili, si aggiunge poi la percezione: il quadro dell’Inapp dice che quasi un quarto dei nati all’estero sente di appartenere a un gruppo sociale discriminato e percepisce un limitato senso di appartenenza verso il luogo di residenza.