Inchiesta Covid, la Procura di Brescia trasmette gli atti al Tribunale dei Ministri

La parte più importante dell’inchiesta bergamasca sarà valutata dal sezione del tribunale di Brescia competente per i reati commessi dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri

Attilio Fontana, Giuseppe Conte, Giulio Gallera

Attilio Fontana, Giuseppe Conte, Giulio Gallera

Brescia – La Procura di Brescia ha trasmesso prima del ponte del Primo Maggio gli atti al Tribunale dei ministri per valutare la posizione di Attilio Fontana, dell'ex assessore alla Sanità Giulio Gallera e di altri undici indagati nell'ambito dell'inchiesta di Bergamo sulla gestione del Covid in Valseriana. La trasmissione è dovuta alla competenza funzionale per quanto riguarda i reati di epidemia colposa e omicidio colposo plurimo in concorso con l'ex premier Giuseppe Conte e l'ex ministro Roberto Speranza. In questo modo la parte più importante dell'inchiesta bergamasca dovrà essere valutata dal Tribunale dei ministri di Brescia.

Cos’è il tribunale dei ministri

Si tratta di una sezione specializzata del tribunale ordinario competente per i reati commessi dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri nell'esercizio delle loro funzioni (i cosiddetti reati ministeriali).

L’indagine per l’epidemia di Covid

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato la Bergamasca con oltre 6mila morti in più rispetto alla media dell'anno precedente, all’inizio di marzo la Procura ha chiuso l’inchiesta per epidemia colposa. Il procuratore aggiunto di Bergamo Cristina Rota, con i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la supervisione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno tirato le somme di un’indagine con cui si è cercato di far luce e individuare le responsabilità, eventuali o meno, di quella tragedia. Gli accertamenti, che si sono avvalsi di una maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell'Università di Padova e ora senatore del Pd, hanno riguardato tre livelli: uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale. 

Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della Guardia di finanza sono finiti non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso del Pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano nonché i mancati aggiornamenti del piano pandemico, fermo al 2006, e l'applicazione di quello esistente anche se datato che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid.

Gli indagati

Conte e Speranza: per l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro Roberto Speranza, i vertici del Cts e dell’Iss, l’accusa è sia di non aver dato attuazione alle prescrizioni del Piano Pandemico che, benché fermo al 2006, conteneva comunque indicazioni su come agire in caso di pandemia, che la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana, nonostante gli indici di contagio peggiori di Codogno e il lodigiano, nelle quali la zona rossa scattò subito. In particolare i magistrati contestano la sottovalutazione, se non proprio la non considerazione, del rapporto al ministero della Salute dell’epidemiologo Stefano Merler dell’istituto Kessler in cui si spiegava che l’indice di contagio bergamasco era già fuori controllo dal 28 febbraio. Allarmi che vennero – colpevolmente, secondo i magistrati – ignorati.

Fontana: secondo i pm bergamaschi il governatore lombardo avrebbe grandi responsabilità nella mancata attuazione della zona rossa dopo i casi di Alzano Lombardo e Nembro. La Val Seriana stava per essere travolta dalla prima ondata Covid e Fontana - dicono i pm - chiedeva al premier Conte "il sostanziale mantenimento delle misure di contenimento già vigenti sul territorio, non segnalando alcuna criticità relativa alla diffusione del contagio nei comuni della Val Seriana, inclusi i comuni di Alzano Lombardo e Nembro, e dunque non richiedendo ulteriori e più stringenti misure di contenimento".