Bergamo, morta nell'incendio in ospedale: "Basta lacci di contenzione"

Manifestazione per Elena davanti al Papa Giovanni XXIII

Incendio in ospedale a Bergamo

Incendio in ospedale a Bergamo

Bergamo, 29 agosto 2019 - La morte di Elena Casetto va oltre il tragico fatto di cronaca e impegna le coscienze nella richiesta della verità. Il Comitato dei cittadini per i diritti umani onlus organizza una manifestazione a Bergamo, sabato alle 14, davanti all’ingresso dell’ospedale Papa Giovanni XXIII. Elena è morta lì, il 13 agosto, mentre era legata a un letto di contenzione, in un incendio che si è sviluppato nel reparto di psichiatria.

L’associazione bergamasca Tavolo Salute «come molti altri cittadini attende con apprensione gli esiti definitivi dell’autopsia di Elena, i risultati del test di incendio effettuato in una stanza della psichiatria del Papa Giovanni XXIII e i risultati finali delle analisi sui materiali della stanza dove è morta Elena. Ci associano alla richiesta della madre: “Verità e pace per Elena”». Tavolo Salute è un’associazione di fatto di cittadini interessati al diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione, alla difesa e al potenziamento del Servizio sanitario nazionale. 

I promotori della campagna “E tu slegalo subito” per l’abolizione della contenzione meccanica nei luoghi di cura si sono rivolti con una lunga lettera all’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera, al direttore generale dell’Ats di Bergamo, Massimo Giupponi, al direttore del Dipartimento di Salute mentale di Bergamo, Massimo Raboni e alla ministra della Salute, Giulia Grillo. 

«Sembra impossibile - scrivono - che da parte di tecnici della salute mentale si sia risposto alla sofferenza, alla richiesta di aiuto espressa da un tentativo di autosoppressione, con un gesto violento di negazione dell’altro quale è la contenzione meccanica. Invece di accogliere, supportare e farsi carico di quel dolore, dare attenzione, vicinanza, ascolto professionale e competente, si è ridotta la giovane donna a corpo da sottomettere e domare, togliendole dignità e rispetto. Ritorna con forza il ricordo di Antonia Bernardini, morta la notte del 31 dicembre 1974 nella sua stanza nel manicomio criminale femminile di Pozzuoli, dov’era legata da 43 giorni». A 44 anni da quel dramma e a venti dalla chiusura degli ospedali psichiatrici «in molte parti del paese permangono nei servizi della riforma pratiche di stampo manicomiale, violente, lesive dei diritti e della dignità di chi le subisce e di chi le fa». 

«Non possiamo non pensare - continua la lettera - che se la giovane Elena non fosse stata legata, non avrebbe trovato quella terribile morte. Crediamo che sulla contenzione meccanica bisogna quindi concentrare l’attenzione da parte degli inquirenti e dei responsabili politici e tecnici». La richiesta ai destinatari della lettera è che «vengano adottati provvedimenti per l’abolizione della contenzione meccanica nei Servizi psichiatrici ospedalieri lombardi e di ogni pratica “inumana e degradante” nei confronti delle persone con disturbo mentale».