FRANCESCO DONADONI
Cronaca

Impiegata del Papa Giovanni intasca i soldi dell’ospedale: patteggia un anno e 8 mesi

La donna ha ammesso di aver preso circa 19mila euro in un periodo fra il 2013 e il 2015. La responsabile fa scattare l’indagine

tribunale Bergamo

Bergamo, 11 giugno - È finita a processo per peculato. Si tratta di una 38enne residente in un paese dell’hinterland, addetta a uno degli sportelli del Cup (centro unico prenotazioni) in funzione all’ospedale Papa Giovanni XXIII. I fatti contestati sono compresi fra il 2013 e il 2015. In un momento di debolezza personale l’impiegata ha fatto sparire (secondo l’accusa: pm Giancarlo Mancusi) in totale circa 19mila euro: 5 mila nel 2013, 12mila nel 2014 e 800 nel 2015. Somma relativa a 477 pagamenti effettuati dalle persone che si erano recate allo sportello Cup dell’ospedale cittadino per richiedere una visita, un prelievo, o altro. 

A far scattare le indagini è stata la segnalazione effettuata dalla responsabile del servizio Cup. Dopo le verifiche è stato accertato che dalle casse in quei periodi si erano registrate delle anomalie contabili. Il passo successivo alla segnalazione è stata la denuncia, e nello specifico sono entrati in campo i carabinieri del Nas che hanno avviato le indagini. Gli investigatori hanno concentrato le loro attenzioni sulla contabilità dell’ufficio per capire come mai quei soldi fossero spariti dalla cassa. Dopo attente verifiche il cerchio si è ristretto proprio attorno alla 38enne. Ormai scoperta, l’impiegata messa alle strette ha confessato tutto.

Mercoledì si è tenuta l’udienza preliminare. Davanti al giudice, l’addetta difesa dall’avvocato Pamela Nodari ha spiegato il perché di quel gesto. Ha raccontato che stava attraversando un momento difficile dal punto di vista personale, una situazione che le aveva creata dei problemi. E che quei soldi le servivano per arrotondare le spese che stava sostenendo. Comunque l’ammanco è stato ripianato perché l’impiegata ha restituito il mal tolto all’ospedale cittadino. Alla fine la 38enne ha patteggiato un anno e 8 mesi, pena sospesa con la non menzione. L’ospedale ha capito quello che le era successo, tant’è che l’addetta lavora ancora al Papa Giovanni XXIII.