FRANCESCO DONADONI
Cronaca

Famiglia distrutta Una settimana fa ha ammazzato il padre Si uccide in carcere

Si è tolto la vita nella casa circondariale di via Gleno Federico Gaibotti. Il compagno di cella l’ha trovato con la maglietta stretta al collo.

Famiglia distrutta Una settimana fa ha ammazzato il padre Si uccide in carcere

di Francesco Donadoni

Una tragedia nella tragedia. Un dramma familiare, l’omicidio di Cavernago, cui si aggiunge un altro lutto. Federico Gaibotti, trent’anni, in carcere per avere accoltellato giusto una settimana fa il padre Umberto, 64 anni, si è suicidato nella casa circondariale di via Gleno, dov’era detenuto dalle ore successive al delitto. Il gesto di autolesionismo è stato commesso ieri pomeriggio. Il giovane era in cella con un altro detenuto “protetto“, quelli cioè dai quali si temono gesti estremi, e gli erano stati tolti tutti gli oggetti con cui avrebbe potuto commettere violenza su se stesso. Ma Federico Gaibotti, da quanto è stato possibile ricostruire, è riuscito a togliersi la vita usando una felpa che aveva indosso: è con quella stretta attorno al collo che lo ha trovato il compagno di cella quando, non vedendolo tornare dal bagno, è andato a controllare.

In mattinata il giovane era stato ricoverato nel reparto di Psichiatria del Papa Giovanni XXIII per accertamenti, e dopo la visita era stato riportato in via Gleno. Ora verrà avviato un procedimento per far piena luce su quanto accaduto. Già ieri gli uomini della Scientifica della Questura sono andati in carcere a effettuare i rilievi. È certo che verrà effettuata l’autopsia. Una tragica fine a 24 ore dal giorno in cui a Cavernago si svolgeranno i funerali del padre: oggi alle 16 nella parrocchia del paese. E come aveva anticipato il sindaco, verrà proclamato il lutto cittadino.

La chiusura del cerchio. Federico Gaibotti trascinava da molto tempo problemi di tossicodipendenza che avevano incrinato i rapporti con il padre. I genitori del trentenne sono separati: la madre Cristina, infermiera, vive a Seriate assieme all’altro figlio. Federico spesso stava dal padre, nella loro casa di via Verdi. Il trentenne da tempo lottava con la droga, non riusciva a liberarsene. I genitori, nel tentativo estremo di recuperarlo, gli avevano trovato un comunità nel Bresciano ma dopo una settimana lui era scappato, non aveva resistito. In paese, a Cavernago, si sapeva del suo problema. La sua situazione era conosciuta, aveva anche subìto accertamenti sanitari obbligatori. Qualche volta erano intervenuti anche i carabinieri. Come quando, tra fine giugno e inizio luglio, aveva cercato di violare il domicilio della madre, che lo aveva denunciato. Era stato processato e condannato a sei mesi con pena sospesa.

Venerdì scorso l’ennesima lite, con Federico che aveva chiesto al padre di aiutarlo a farla finita, manifestando già una disperazione senza ritorno. Così è scoppiata una lite tra i due, culminata nell’aggressione mortale: il padre Umberto che nel giardino di casa, con un filo di voce chiede aiuto ai vicini, "Aiuto, Aiutatemi", e qualche istante dopo la voce di Federico che dice: "L’ho ucciso". Sei fendenti con un coltello.