GIULIANA LORENZO
Cronaca

Di Martino va veloce verso nuove sfide: "Quando corro non resto mai da sola"

"Chasing the Midnight Sun" racconta le ’’maratone estreme’’ in Norvegia dell’ultrarunner brianzola

La corsa, per Ivana Di Martino, è una forma d’amore. In primis verso se stessa poi verso il resto del mondo. Correre è un modo per dare una mano. L’ultrarunner, brianzola trapiantata a Milano, ha terminato mesi fa la sua settima “missione“ in Norvegia, "In extremis - Last run against climate change". Un’avventura raccontata dal documentario "Chasing the Midnight Sun", con due maratone al giorno fino a Capo Nord, per sensibilizzare sul cambiamento climatico.

Com’è andata in Norvegia?

"Avevo il sogno di fare la Norvegia: è nata l’idea di andare da Alta a Capo Nord, facendo due maratone al giorno, contro il cambiamento climatico, per sensibilizzare verso questo. Nel 2023 ho avuto il patrocinio del Comune di Milano e trovato gli sponsor. Tramite un’app ho incentivato le persone ad aiutarmi ad arrivare fino ad Alta: attraverso ‘Strava’, un’app, le persone o in bici o correndo, possono donarmi chilometri, siamo arrivati ben oltre l’obiettivo. Una cosa folle, tutti credevano in questo progetto, si è creata una bellissima energia. In più ho creato una foresta in Extremis, in collaborazione con Treedom (sito che permette di piantare alberi, ndc) donando 80 alberi. È sempre così: metto solo le gambe, le persone, se vogliono, possono, attraverso la Rete del Dono, dare contributi per un’associazione o per l’altra. Non lo faccio a scopo di lucro, non ci guadagno nulla. La Norvegia è spettacolare. È stato un po’ traumatico il fatto che ci fosse sempre la luce, ma sono riuscita a fare due maratone con un dislivello notevole. Faceva anche freddo e c’era vento, mi si sono spaccate le cornee. È stato difficile per le condizioni atmosferiche. Sono riuscita ad arrivare a Capo Nord, ho portato questo messaggio molto forte: tocca a noi ogni giorno a cercare di fare il nostro e cambiare il modo di fare".

Come si prepara una sfida così?

"Io ho un allenatore, Fabio Vedana, che mi ha preparato ad affrontare questa situazione. Poi non ti prepari mai, non c’è una regola. Sono abbastanza grande, ho 54 anni e le mie capacità di recupero sono diverse rispetto a 10 anni fa. Devo ricordarmene, anche se ho una dote naturale sento poco la fatica. Mentalmente aiuta allenarmi da sola. Mi abituo a pensare in un certo modo quando corro, a trovare strategie dentro alla mia testa per andare avanti. Quando arrivo ad affrontare un’impresa per me è una festa, ho tutto il team che mi aiuta, mi parla, mi supporta, il mio team è essenziale. In Norvegia c’era una riga tratteggiata, contavo quanti passi c’erano tra un trattino e l’altro, mi tenevo occupata. Amo molto la matematica, facevo le operazioni. Con la testa puoi fare tutto. Se la testa dice che ce la fa, il corpo, ce la fa. La corsa è dentro di me, sono felice di praticare una passione che è meravigliosa".

Perché si dedica a queste missioni?

"Quando ho avuto problemi al cuore (extrasistole, ndr), mi è caduto il mondo addosso. Avevo la presunzione che non mi potesse capitare nulla di male. Mi sono dovuta assestare. Quando nel 2012 ero in convalescenza dopo l’ultima operazione, ho detto l’anno prossimo voglio girare l’Italia correndo. Dopo una settimana mi sono licenziata, era un posto che non mi piaceva, faceva un po’ di mobbing e mi sono dedicata a questo progetto. Ho ricevuto un sacco di porte in faccia ma l’ho fatto per me e per tutte le donne, noi spesso ci sottovalutiamo. Ho ricevuto più commenti negativi dalle donne che da uomini, perché dicevano che lasciavo soli i bambini, che dovevo stare a casa. Invece mi sono reinventata. Da un momento no, sono nate opportunità".

Anni fa è stata aggredita a Milano mentre correva, si sente sicura oggi?

"Dieci anni fa, quando mi è successo, non percepivo quel pericolo. Adesso se mi si chiede se ho paura quando vado a correre dico di sì. Per esempio quando esco la mattina presto, mi guardo sempre molto in giro: l’altra mattina ho preso un bastone in mano perché c’era una faccia che non mi piaceva, magari era una brava persona ma c’è questa percezione. Non è però un problema politico, ma sociale, c’è un disagio sociale".