Covid, archiviazione per Conte e Speranza: l’ira dei parenti delle vittime. “Schiaffo alla memoria dei nostri cari”

Le reazioni decisione del tribunale dei ministri sulla mancata istitutzione della zona rossa nella Bergamasca

Un presidio del comitato dei familiari delle vittime del Covid

Un presidio del comitato dei familiari delle vittime del Covid

Bergamo – “Uno schiaffo alla memoria dei nostri cari". Il tribunale dei ministri di Brescia ha appena archiviato "perché il fatto non sussiste" le posizioni dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex ministro della Sanità Roberto Speranza nell’indagine sulla gestione della prima fase della pandemia da Covid 19 a Bergamo. "È uno schiaffo in faccia a noi e all’Italia intera che si merita un sistema politico e di giustizia più trasparente – è il commento dei familiari della vittime del Covid dell’Associazione #Sereniesempreuniti – Uno schiaffo alla memoria dei nostri cari. Siamo intransigenti con quanto fatto dalla procura di Brescia e dal tribunale dei ministri: l’archiviazione è un vilipendio alla memoria dei nostri familiari, un bavaglio, l’ennesimo in un’Italia corrosa dall’omertà contro cui ci siamo sempre battuti e continueremo a farlo nelle sedi che ci restano, come quella civile. Siamo amareggiati per la decisione che va in senso opposto alle risultanze cui era pervenuta la procura di Bergamo dopo tre anni di indagine – ha aggiunto Consuelo Locati, del team legale dei familiari – Attendiamo di conoscere meglio le motivazioni addotte a fondamento delle richiesta".

Sia per Conte sia per Speranza le ipotesi di reato formulate dalla procura di Bergamo erano quelle di epidemia colposa e omicidio colposo. La mancata istituzione della zona rossa nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro. E allora la memoria ci riporta al quella domenica del 23 febbraio 2020, quando nel giro di poche ore il Pronto soccorso dell’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo venne chiuso e poi riaperto dopo la scoperta di un paziente positivo al Covid-19. Decisione che sarà al centro delle indagini della procura di Bergamo conclusa dopo tre anni di lavoro, con 19 indagati sulla gestione della prima fase della pandemia.

Fra febbraio e aprile del 2020, solo in provincia di Bergamo le vittime sono state oltre 6mila, di queste 5mila solo nel mese di marzo. Una primavera che resterà nella storia. Così come il suono stridulo delle sirene delle ambulanze a ripetizione, o quello delle campane che suonavano a morto annunciando un altro funerale. E così per giorni e giorni. Poi la luce in fondo al tunnel, poco alla volta la ripresa di questa zona di territorio che somigliava più a una Spoon River. E nella storia ci sono entrate anche quelle immagini che hanno fatto il giro del mondo, i camion dell’Esercito che di sera, uscendo dal comando provinciale dei carabinieri, di via delle Valli, si dirigono verso l’autostrada trasportando un carico di bare. Qui nei nostri cimiteri non c’era più posto.

L’indagine della procura di Bergamo per la mancata zona rossa, un lavoro immane condotto da un pool di magistrati per restituire la "verità alla città" con la contestazione dell’omicidio colposo, a una sfilza di indagati, nomi eccellenti, da Conte a Speranza, da Fontana ai membri del Cts. Resta da capire, a questo punto, che ne sarà degli indagati in concorso, le cui posizioni sono finite al tribunale dei ministri proprio perché collegate a quelle di Conte e Speranza.