Morti di Covid ad Alzano e Nembro, perché è stata archiviata l’inchiesta contro Conte e Speranza

L’ex presidente del Consiglio e l’ex ministro della Salute erano accusati di omicidio ed epidemia colposa, ma per i giudici “il fatto non sussiste”

L'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte (a sinistra) e l'ex ministro della Salute Roberto Speranza

L'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte (a sinistra) e l'ex ministro della Salute Roberto Speranza

Brescia - La procura di Brescia nel suo parere conclusivo l'aveva suggerita, e ora il Tribunale dei ministri ha deciso e disposto l'archiviazione della posizione dell'ex premier Giuseppe Conte e di quella dell'ex ministro della Salute Roberto Speranza, finiti sotto inchiesta a Bergamo per la presunta malagestione della prima ondata Covid in Val Brembana (inchiesta poi trasferita per competenza funzionale a Brescia).

Per Conte e Speranza i magistrati bergamaschi ipotizzavano i reati di omicidio ed epidemia colposi ma il collegio dei giudici incardinato proprio a Brescia – presidente Maria Rosa Pipponzi – ha ritenuto che “il fatto non sussiste", e “la notizia di reato totalmente infondata”. Stando alla struttura accusatoria originaria, Conte, sebbene fosse a conoscenza della moltiplicazione incontrollata dei contagi non avrebbe istituito a tempo debito la zona rossa ad Alzano Lombardo e a Nembro. Speranza invece non avrebbe applicato il piano pandemico nazionale, fermo al 2006.

In occasione dell'interrogatorio dello scorso 10 maggio entrambi avevano rigettato con forza le accuse. "Le omissioni e i ritardi descritti dalla nota di trasmissione della procura di Bergamo riguardano attività amministrative, distinte dalle funzioni ministeriali di indirizzo politico amministrativo, di esclusiva pertinenza del Segretario generale del Ministero della salute e delle Direzioni generali. Al Ministero della salute era preclusa qualsiasi ingerenza nello svolgimento di tali attività - scrive il Tribunale –. Non è stata ipotizzata e non è comunque ravvisabile negli atti di indagine alcuna interferenza del ministro nelle attività degli organi burocratici ai quali spettava la funzione di amministrazione attiva”.

"In particolare – si legge – non risulta che egli abbia indotto i dirigenti ministeriali a ritardare o ad omettere le azioni di sorveglianza epidemiologica, di sanità pubblica, di verifica delle dotazioni dei dispositivi medici e delle risorse necessarie a contrastare la diffusione virale. In conclusione deve essere esclusa la responsabilità penale dell'onorevole Speranza in ordine ai fatti ascrittagli”.

E ancora: “Il piano pandemico del 2006 non era per nulla adeguato ad affrontare la pandemia da Sars-Cov-2...Il ministro, quindi, lungi dal rimanere inerte, ha adottato le misure sanitarie propostagli dagli esperti di cui si è avvalso, peraltro a livello europeo tra le più restrittive. Infine, anche ove fosse astrattamente prospettatile, cosa che non è, il reato di epidemia colposa per condotta omissiva impropria...sarebbe comunque irrealistico ipotizzare che la pandemia stata cagionata, anche solo a livello nazionale, da asserite condotte omissive quali quelle contestate al ministro Speranza”.

Quanto Conte, il tribunale scrive: "Posto che non risulta che il presidente del Consiglio Conte prima del 2 marzo 2020 fosse stato informato della situazione dei comuni di Alzano e Nembro, l'allora presidente del Consiglio avrebbe dovuto decidere circa l'istituzione della zona rossa proprio il 2 marzo 2020, ossia non appena ricevuta l'informazione della situazione dei due Comuni. Si tratta evidentemente di un'ipotesi irragionevole perché non tiene conto della necessità di valutare e contemperare i diritti costituzionali coinvolti e incisi dall'istituzione della zona rossa… Valutazioni che per la loro gravità non è esigibile e neppure auspicabile che vengano assunte senza adeguata ponderazione dei dati di conoscenza acquisiti, del loro grado di certezza e delle conseguenze derivanti dall'istituzione della zona rossa”.