GABRIELE MORONI
Cronaca

Coronavirus, beffa zona rossa: " Difficile capire se c’è un reato"

La pm Rota ora frena: "Una questione complessa" Militari arrivati per nulla, il racconto dell’albergatore

Carabinieri allineati in attesa della zona rossa nella Bergamasca

Carabinieri allineati in attesa della zona rossa nella Bergamasca

Bergamo, 14 giugno 2020 -  «Erano duecento , fra carabinieri e agenti della polizia, diciamo misti. Si capiva che si stava preparando qualcosa, qualcosa tipo Codogno. La questione della ‘zona rossa’ è stata tirata fuori adesso. Penso che fossero qui per farla". Primi giorni di marzo. Bruno Testa, da trentasei anni gestore dell’Hotel Continental di Osio Sotto, nella Bergamasca, assiste da testimone diretto a quella mobilitazione. "Da noi ne avevamo un centinaio, gli altri erano in due alberghi della zona. Per i pasti li avevamo tutti qui, nell’albergo abbiamo un grande salone. Erano bravi, educati, bravissima gente. Assolutamente nessun problema. Erano i primi di marzo. Sono andati via dopo tre giorni dall’arrivo e sono rimasti una quindici o diciassette carabinieri che si sono fermati anche per tutto il mese di aprile".

Sono arrivati fra il 5 e il 6 marzo. Già nel pomeriggio di giovedì 5 marzo si sono visti movimenti di mezzi e numerose pattuglie di carabinieri che presidiavano gli svincoli. Sembrano imminenti le restrizioni che dovrebbero chiudere l’area di Alzano Lombardo e Nembro. In questo clima di attesa crescente sono sempre più gravi i dati forniti dalla Regione sul Covid-19 galoppante. In un solo giorno 114 contagiati, localizzati soprattutto nella parte est della provincia orobica. Su 537 casi positivi registrati nella Bergamasca 71 sono a Nembro, 35 ad Alzano, 25 ad Albino, 17 a Villa di Serio, 12 a Seriate, 8 a Gazzaniga. A Bergamo si è arrivati a 54 casi. Un’impennata impressionante destinata a non fermarsi. La preoccupazione è tanta. In queste ore si discute fra Milano e Roma sulle decisioni da prendere.

Per tre giorni gli uomini in divisa attendono il via libera che dovrebbe arrivare dalla presidenza del Consiglio dei ministri. La chiusura, si dice, scatterà lunedì 9 marzo. Si aspetta. Nulla. Non accade nulla di tutto questo. L’8 marzo la Lombardia e quattordici province del nord vengono dichiarate “zona arancione”. Le anticipazioni filtrate in serata scatenano la fuga in treno dalla stazione Centrale di Milano di migliaia di persone verso sud, che proseguirà nelle ore, nei giorni, anche nelle settimane successive.

Il 9 marzo il premier Conte annuncia il decreto “Io resto a casa” che trasforma tutta Italia in zona protetta. Uno degli inneschi dell’indagine per epidemia colposa aperta dalla procura di Bergamo è stato un esposto di sedici pagine redatto dall’avvocato Benedetto Maria Bonomo e firmato dal giornalista Stefano Salvi. Un punto viene sottolineato, fra gli altri. Il 2 marzo il Consiglio Superiore di Sanità, organo di consulenza tecnico scientifica del ministero della Salute, ha presentato una richiesta che venisse creata una “zona rossa” nei comuni bergamaschi di Alzano Lombardo e Nembro e in quello bresciano di Orzinuovi, come quelle per le zone di Codogno e di Vo’ Euganeo, nel Padovano, chiuse il 22 febbraio al primo manifestarsi dei focolai del virus. La circostanza è stata confermata da Giovanni Rezza, direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, ai microfoni di Radio Popolare.

Ma a quanto si apprende, il presidente del Consiglio Conte, ai pm avrebbe spiegato come al contrario, durate la riunione alla Protezione civile convocata per firmare le ordinanze sulla zona rossa fossero emersi dati che richiedevano ormai "soluzioni più drastiche", la chiusura di tutta la regione. Materia su cui ora indaga la Procura.