Coronavirus, focolaio Bergamo: "Ora chiudete anche noi"

A inizio mese il via libera ma il governo si era bloccato. Sindaci in pressing sulla Regione, Fontana aspetta: tocca al comitato scientifico

Coronavirus

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Bergamo, 17 marzo 2020 - «Non sono un tecnico, queste sono scelte che devono essere fatte da medici, infettivologi ed epidemiologi. Il comitato scientifico potrà prendere decisioni di questo genere, io non posso che accettare quello che decidono loro». Così Attilio Fontana risponde a chi chiede se sia o no opportuno dichiarare zona rossa i Comuni della provincia di Bergamo che fino all’altro ieri hanno fatto segnare un significativo incremento di casi di positività al Coronavirus nonché di ricoveri. Un tema, quello della mancata istituzione di una zona rossa, sul quale si interrogano da giorni anche alcuni sindaci. Due in particolare i Comuni colpiti: Alzano Lombardo e Nembro, in tutto 25mila abitanti.

«Fin dal 23 febbraio - sottolinea il sindaco di Alzano, Camillo Bertocchi, di centrodestra - avevamo capito la gravità della situazione. Parlare di zona rossa ora è facile, noi siamo partiti subito con con ordinanze restrittive ma non solo abbiamo ricevuto critiche, siamo stati anche richiamati dal Ministero degli Interni tramite con tanto di circolare della Prefettura che vietava ai sindaci di prendere misure “in proprio”». Da quei giorni tempo e morti sono passati, la situazione è cambiata, in peggio. 

I governatori Stefano Bonaccini in Emilia Romagna e Vincenzo De Luca in Campania hanno provveduto a creare zone rosse là dove servivano: a Medicina nel primo caso e in cinque Comuni nel secondo (Ariano Irpino, Sala Consilina, Caggiano, Polla e Atena Lucana). In Lombardia Fontana e i suoi si rimettono, invece, alle scelte del comitato degli esperti e del Governo: «Si deve intervenire in maniera coordinata con il Governo – spiega il governatore lombardo –, scelte di questo genere devono essere fatte in maniera condivisa. Non mi sento di sovrappormi all’Istituto Superiore di Sanità e al Comitato tecnico che deve essere legittimato a fare questo genere di valutazioni».

A dirla tutta, il 4 marzo scorso proprio l’Istituto Superiore di Sanità aveva dato parere positivo sulla creazione della zona rossa. «Ma il Governo – ribatte Fontana – aveva deciso di non agire di conseguenza. Onestamente io le responsabilità voglio assumermele ma per quelle di carattere sanitario preferisco siano i sanitari a farlo». A dare supporto al presidente della Regione è l’assessore lombardo alla Sanità, Giulio Gallera: «Molti ci chiedono perché non sia stata fatta una zona rossa su Alzano Lombardo e Nembro, nella Bergamasca. Io ricordo che oggi siamo in una situazione in cui la regione intera è chiamata a rimanere a casa, come era nel Lodigiano».

L’inasprimento delle misure di contenimento del contagio da Coronavirus è sicuramente una delle ragioni per le quali l’esecutivo lombardo ora è cauto nel sostenere la necessità di aprire una nuova zona rossa nella Bergamasca. Da Palazzo Lombardia sottolineano come nell’ex zona rossa del Lodigiano ci fu, dopo pochi giorni dalla sua istituzione, un’apertura parziale delle imprese. Una sottolineatura mirata a sostenere la tesi secondo cui tutta la Lombardia versa oggi nelle stesse condizioni in cui versava solo il Lodigiano nelle scorse settimane. C’è poi un’ultima, ma non meno importante, considerazione fatta trapelare a denti stretti dalla Regione: l’istituzione di una zona rossa nella Bergamasca sarebbe stata decisamente più utile 12 giorni fa, quando l’Istituto Superiore di Sanità diede il via libera incontrando, però, «i balbettii» – così li definisce qualcuno a Palazzo Lombardia – del Go