FABRIZIO LUCIDI
Cronaca

Colbrelli scatta ancora: : "Il mio sogno nel cassetto?. Vorrei fare il ct dell’Italia"

La seconda vita dell’eroe della Parigi Roubaix 2021 vinta nel fango "Felice di lavorare con i giovani, ma social, playstation e tv non ci aiutano" .

Colbrelli scatta ancora: : "Il mio sogno nel cassetto?. Vorrei fare il ct dell’Italia"

Colbrelli scatta ancora: : "Il mio sogno nel cassetto?. Vorrei fare il ct dell’Italia"

Un pezzo del suo cuore, il “Cobra“, lo ha lasciato lì, nel fango della Parigi Roubaix che ha vinto in quell’indimenticabile autunno del 2021. Proprio quel cuore grande che l’ha tradito al traguardo del Giro di Catalunya

cinque mesi più tardi, costringendolo al ritiro.

Oggi Sonny Colbrelli vive la sua seconda vita. Non più sull’asfalto, tra volate vinte e perse, fughe solitarie e sorrisi nella “pancia“ del gruppo, ma sull’ammiraglia o a bordo strada, a soffrire per i “suoi” ragazzi della Bahrain Merida. Anche in questo Giro d’Italia, e nell’iconico “tappone“ di Livigno, sarà così. Anche se Colbrelli ammette che la strada gli manca. Ma ha voltato pagina, nel bel libro della sua vita.

Come va nella tua nuova vita da dirigente del ciclismo?

"Una nuova vita, un nuovo percorso che ho cominciato da un anno e mezzo. Da quando ho smesso con l’agonismo su strada, “sto rubando“ il lavoro guardando sul campo punti di riferimento come Franco Pellizotti (ds della Bahrain, ndr): ho capito che fare il direttore sportivo oggi non è solo stare in macchina e prendere in mano la radio per parlare ai ciclisti, c’è molto di più. Ma mi sta piacendo, il mio obiettivo è poter dare il mio contributo ai giovani che intraprendono il percorso".

Qual è il suo sogno nel cassetto in questa seconda vita?

"Diventare ct della nazionale italiana. A volte ci rido e ci scherzo ma…il mio sogno è questo. Certo, senza rubare il ruolo al mio grande amico Daniele Benatti, ci sentiamo spesso...".

Il momento del ciclismo italiano non è brillante né sul fronte delle Classiche né dei Grandi Giri. Eppure tra Piganzoli, Pellizzari, Bagioli ...il suo Tiberi, qualche talento c’è.

"Inutile nascondere che stiamo soffrendo sulle corse a tappe, per le gare di un giorno invece siamo messi bene: da Ganna a Bettiol, oltre al giovane Mozzato che sapevo sarebbe venuto fuori, perché lo conosco. Tra i corridori di giri a tappe sono interessanti Bagioli e Piganzoli, ma se devo dire un nome penso a Tiberi, che ha tutte le carte in regola per dire la sua e ambire a grandi cose".

Cosa serve al nostro ciclismo perché nascano nuovi Pantani, Nibali o Colbrelli?

"L’altro giorno ne parlavo con il presidente del comitato provinciale di Brescia, dove vivo: il primo problema è che mancano tesserati, in questi anni abbiamo perso tanti giovani. Li posso anche capire perché al giorno d’oggi è diventato uno sport sempre più pericoloso. Da padre, capisco che è difficile oggi mettere il proprio figlio sulla strada. E poi manca la mentalità, bisogna andare nelle scuole e insegnare i veri valori dello sport. Dopo il Covid abbiamo perso tanti giovani interessati a intraprendere la vita sana dello sport. Ora abbiamo solo social, playstation e tv. Troppi. Altra questione, la mancanza di una squadra italiana World Tour, ma lo capisco: crearla costa milioni e milioni di euro".

Facciamo le carte al Giro d’Italia. Chi vede favorito? E nelle due tappe che toccano Livigno, in arrivo e in partenza?

"Il favorito del Giro è scontato: Tadej Pogacar. Quasi che - a sentir tanti - neppure debba partire, basta dargli la maglia rosa direttamente e via. Ma il ciclismo non funziona così: è sempre una gara di tre settimane, la crisi è dietro l’angolo e può succedere di tutto. Certo un Pogacar visto a questi livelli è difficile da sfidare, anche al 60% della condizione vince e dà spettacolo. E con Vingegaard fuori può davvero ambire a fare doppietta Giro-Tour".

Passiamo alle previsioni sulle due tappe di Livigno.

"Manerba del Garda–Livigno è la tappa più lunga del Giro, con all’arrivo un ultimo chilometro impegnativo, con pendenze oltre il 20%. La successiva partenza da Livigno (tappa fino a Santa Cirstina Valgardena, ndr) è abbastanza dura, si comincia dai 1.900 metri, una bella quota e tanti corridori soffrono il giorno di riposo. Sono le due tappe giuste per ribaltare eventualmente il Giro, nella seconda mi aspetto la fuga, sicuramente ci saranno colpi di scena".

Livigno protagonista al Giro 2024. Viene spesso da queste parti?

"Per me ormai Livigno è una seconda casa, già quando correvo venivo per preparare la stagione e portavo tutta la famiglia, ora che la carriera agonistica si è interrotta arrivo per un’altra passione: da vent’anni non prendevo in mano gli sci e ora, grazie a Livigno, li ho ripresi assieme ai miei figli. Fa bene a tutta la famiglia cambiare aria, in strutture molto attrezzate. D’estate, mountain bike e camminate su sentieri meravigliosi".

La sua salita preferita?

"Che domande? Lo Stelvio", sorride.

Passiamo al problema della sicurezza dei ciclisti sulle strade, sia di chi fa agonismo che dei cittadini nelle nostre cittàù. Come convincere sempre più persone a lasciare l’auto nel garage e prendere la bici per andare a lavoro o prendere i bambini a scuola?

"In primis per cambiare questa “cultura dell’auto“ nella mentalità di troppe persone bisogna andare a scuola dai giovani a spiegare che un altro mondo è possivile. Bisogna investire sugli studenti, perché la mentalità di un adulto è difficile cambiarla. In Spagna, Belgio e Olanda - non a caso - vanno nelle scuole a insegnare educazione stradale. Fanno spot in tv, cambiano la mentalità. Ciclismo è sempre stato e sempre sarà sport pericoloso oggi certo le velocità sono alte".