Una spesa di oltre 100mila euro per ristrutturare un appartamento confiscato alla mafia.
Questa la spesa che il comune di Bagnolo Mella, guidato da Pietro Sturla, dovrebbe sostenere per poter rimettere a nuovo l’alloggio e utilizzarlo per fini sociali, per persone con fragilità. Risorse che non tutti i Comuni hanno a disposizione (come evidenzia la Corte dei conti) e, per tanto, si attendono dei bandi, in particolare quelli regionali, per poter metter mano alle opere di ristrutturazione e chiudere il cerchio, reimpiegando i beni confiscati alla mafia per fini sociali ed istituzionali.
"Le difficoltà ravvisate dalla Corte dei conti nella destinazione dei beni confiscati per scopi sociali le conosciamo bene – spiega Tita Raffetti, referente del coordinamento provinciale di Libera Brescia –. Molto dipende dai singoli Comuni. Teniamo presente che quando un bene è destinato a un Comune, quest’ultimo può fare ciò che vuole, può anche venderlo. Noi come associazione siamo disponibili ad affiancare nelle procedure e sollecitiamo sempre l’avvio di un bando pubblico, per una destinazione a scopo sociale, ma non tutti ci ascoltano. Il punto è che, per effetto delle inchieste, arriveranno a breve probabilmente molti immobili".
Esempio positivo è, invece, l’inaugurazione avvenuta a Manerbio martedì (giorno in cui si ricordava l’uccisione di Peppino Impastato) dove un immobile confiscato alla mafia è diventato un negozio Jaganda, con prodotti alimentari e di artigianato del commercio equo e solidale.
"Ci sono voluti due anni per riuscire ad entrarne in possesso, perché dentro c’era un inquilino – spiega il vicesindaco di Manerbio, Giandomenico Preti – e sessantamila euro per risistemarlo. Abbiamo ottenuto trentamila euro tramite un bando regionale, però ci tenevamo a reimpiegarlo per scopi sociali, piuttosto che a uso commerciale, come segnale alla comunità".
Federica Pacella