Bruciata in ospedale Elena e l’accendino "Lo tenevamo noi"

Al processo per la morte della ragazza ricoverata in Psichiatria a Bergamo parlano gli infermieri che la seguivano. Il racconto delle fasi antecedenti al rogo.

Bruciata in ospedale  Elena e l’accendino  "Lo tenevamo noi"

Bruciata in ospedale Elena e l’accendino "Lo tenevamo noi"

Urla. Provengono dalla stanza dove si trova Elena Casetto. Siamo al terzo piano della torre 7, reparto di Psichiatria del Papa Giovanni XXIII. È la mattina del 13 agosto 2019. Elena è particolarmente agitata quel giorno. Le sue grida richiamano l’attenzione di una operatrice socio sanitaria che lavora in quel reparto. Ha iniziato il turno e in quel momento è impegnata nel giro mattutino tra i letti dei degenti. Sente le grida, capisce che arrivano dalla stanza dove c’è Elena. Entra è vede la paziente con il lenzuolo legato stretto attorno al collo. Un tentativo di autolesionismo. L’infermiera chiede subito aiuto ai colleghi per toglierle il lenzuolo e calmarla. Per la mamma di Elena, Alves Souza Aldair, sentita brevemente ieri, sua figlia "non voleva suicidarsi. Aveva tanti interessi, le piaceva la filosofia, la veterinaria, il teatro, amava gli animali". Ma alcuni giorni prima avevano litigato, e Elena era andata via. "Elena era molto agitata, inveiva contro di noi, era incontenibile – è il racconto degli infermieri presenti quella mattina dell’incendio sentiti al processo (pm Laura Garufi, pm Letizia Ruggeri) che dovrà far luce sulle responsabilità di quanto accaduto quella mattina. Due gli imputati, Alessandro Boccamino di Lissone e Eugenio Gallifuoco, di Paderno Dugnano addetti alla sicurezza che lavoravano per una società di Udine che gestiva il servizio antincendio all’ospedale. Devono rispondere di incendio e omicidio colposo. Riprende il racconto degli infermieri. "Noi eravamo in sette-otto nella stanza. Poi abbiamo telefonato alla guardia medica che ha deciso di passare alla contenzione. Le è stato somministrato anche un sedativo per calmarla". Elena viene contenuta come prevede il protocollo, alle mani e alle caviglie. Incalza il pm: "Avete controllato se aveva qualcosa con se?". "Certo – è la risposta degli infermieri – come sempre. Lei indossava una maglietta a maniche corte, e degli short jeans, e in una tasca abbiamo trova il cellulare. Un accendino? Uno era sul comodino, lo abbiamo preso e chiuso in una stanza. Quando Elena voleva fumare era uno di noi che le accendeva la sigaretta". Un altro accendino era stato trovato addosso alla ragazza durante l’autopsia. Il racconto prosegue. Una volta contenuta a letto, gli infermieri lasciano la stanza e la chiudono a chiave". Francesco Donadoni